martedì 31 maggio 2011
lampi - 137
Ma gli adolescenti di oggi, con quintalate di pornografia a portata di click, potranno mai capire che cosa significava per la mia generazione il catalogo Postalmarket?
lunedì 30 maggio 2011
coming soon - booktrailers
Presumo che tutti i venticinque lettori di questo blog vivano ormai nell'ansiosa attesa delle mie recensioni in pillole.
Purtroppo, in questi giorni ho a malapena il tempo di star dietro agli impegni di lavoro; quasi tutto quello che leggete sul blog è roba postdadata.
Tanto per stuzzicarvi l'appetito, vi anticipo che, appena avrò un attimo di respiro, vi parlerò di:
Greg & Hermann, Comanche
Il western non perdona: o lo sai fare, o no.
Loro lo sanno fare.
Mattotti & Ambrosi, L'homme a la fenêtre
Una delle opere più belle di uno dei massimi fumettisti italiani (e mondiali) non è più in catalogo da anni, in Italia. Ho dovuto recuperarla in francese (grazie, Amazon).
Questo la dice lunga sulla situazione paleolitica in cui ancora vive il fumetto, nel nostro belpaese.
Johann Huizinga, L'autunno del Medioevo
Sì, sarà scientificamente obsoleto. Ma chissenefrega.
Una delle narrazioni storiche (e uso di proposito il termine: narrazioni) più appassionanti che mi sia mai capitato di leggere.
Omero, Odissea
Il suo primo libro era carino, ma questo secondo è anche meglio.
Antonio Lillo, Viva Catullo
Antonio ha un difetto: non dice bugie.
Anche a costo di farsi del male.
Antonio Lillo, Piazza Vittorio Emanuele
Tutto quello da cui io sono fuggito, e che invece lui riesce a raccontare in un modo che me ne fa venire, mio malgrado, nostalgia.
Daniele Barbieri, La nostra vita e altro
La buona poesia, ormai l'ho capito, si legge solo se i poeti li conosci di persona. Se aspetti le librerie, stai fresco.
Milo De Angelis, Dove eravamo già stati
Sono settimane che lotto con questo libro.
Per ora sta vincendo lui.
Nicola e Giorgio Pressburger, Storie dell'Ottavo Distretto
Il ghetto ebraico di Budapest, tra l'Olocausto e la rivoluzione del 1956.
Antonio Faeti, La freccia di Ulceda
Coltissimo, ironico, pungente, divertente, profondo; insomma, geniale.
Si parla di fumetti, ma non solo.
John Dos Passos, Manhattan Transfer
Più che parlare di New York, questo romanzo vorticoso, polifonico, affollatissimo è New York.
Richard Adams, La collina dei conigli
Che bello leggere da adulti i classici della letteratura per ragazzi.
domenica 29 maggio 2011
quattro quartine a un'assente
Eccomi ancora che ti scrivo
e a te che sei dopo il mare ma molto prima delle ossa
chiedo come misurare per le ombre
e le luci l'angolo corretto: pensaci
eri tu che provvedevi a fare il vuoto
a rendermi doloroso qualunque transito
non lo sapevi ma mi sarebbe bastato un simbolo
una quantità in comune tra il mio passo e il tuo
(ma quella sera eri nuda e semplice
solo l'aria poteva toccarti
siamo entrati usciti ancora entrati senza mai cambiare la disposizione
senza che le tue costole sfiorassero mai la stoffa
e ogni volta eri più giovane e più lontana)
l'ultima volta finalmente hai usato il mio nome
lo accompagnava qualcosa di troppo simile alla gioia.
Ti ho consegnato solo allora quel che già era tuo.
sabato 28 maggio 2011
missing
Giovanni Giudici - poeta
Le Grazie (Porto Venere), 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011
* * *
Carlos Trillo - sceneggiatore di fumetti
Buenos Aires, 1 maggio 1943 – Londra, 8 maggio 2011
Putroppo la mia frequentazione delle historietas (così chiamano i fumetti
in Sudamerica) è sempre stata molto frammentaria, quindi non posso dire
di conoscere molto di lui. Però quel pochissimo che ho letto,
della sua immensa produzione, non mi ha mai deluso.
Buenos Aires, 1 maggio 1943 – Londra, 8 maggio 2011
Putroppo la mia frequentazione delle historietas (così chiamano i fumetti
in Sudamerica) è sempre stata molto frammentaria, quindi non posso dire
di conoscere molto di lui. Però quel pochissimo che ho letto,
della sua immensa produzione, non mi ha mai deluso.
* * *
Paul Gillon - disegnatore visionario
Parigi, 11 maggio 1926 - 21 maggio 2011
Il suo "I naufraghi del tempo", letto sui vecchi Alter Alter degli anni Settanta,
è uno dei fumetti che hanno segnato il mio immaginario di lettore.
Qui un ricordo di Daniele Barbieri.
* * *
Gil Scott-Heron - poeta, musicista
Chicago, 1º aprile 1949 – New York, 27 maggio 2011
Che lo sappiano o no, gran parte degli artisti della black music
degli ultimi 30 anni devono qualcosa a lui (ascolta qui).
Paul Gillon - disegnatore visionario
Parigi, 11 maggio 1926 - 21 maggio 2011
Il suo "I naufraghi del tempo", letto sui vecchi Alter Alter degli anni Settanta,
è uno dei fumetti che hanno segnato il mio immaginario di lettore.
Qui un ricordo di Daniele Barbieri.
* * *
Gil Scott-Heron - poeta, musicista
Chicago, 1º aprile 1949 – New York, 27 maggio 2011
Che lo sappiano o no, gran parte degli artisti della black music
degli ultimi 30 anni devono qualcosa a lui (ascolta qui).
Etichette:
carlos trillo,
gil scott-heron,
giovanni giudici,
necrologi,
paul gillon
venerdì 27 maggio 2011
giovedì 26 maggio 2011
mercoledì 25 maggio 2011
martedì 24 maggio 2011
vieni nella mia cucina
You'd better come on in my kitchen
Babe it's goin' to be rainin' outdoor
Ah the woman I love
Taken from my best friend
Some joker got lucky
Stole her back again
You'd better come on in my kitchen
Babe it's goin' to be rainin' outdoor
Oh-ah she's gone
I know she won't come back
I've taken the last nickel
Out of her nation sack
You'd better come on in my kitchen
Babe it's goin' to be rainin' outdoor
When a woman gets in trouble
Everybody throws her down
Lookin' for her good friend
No one can be found
You'd better come on in my kitchen
Babe it's goin' to be rainin' outdoor
Winter time's comin'
It's gonna be slow
You can't make the winter babe
That's dry long so
You'd better come on in my kitchen
Babe it's goin' to be rainin' outdoor
* * *
E' meglio che vieni nella mia cucina
tesoro là fuori sta per piovere
La donna che amo
l'ha presa il mio migliore amico
qualche bel tipo ha avuto fortuna
se l'è rubata di nuovo
E' meglio che vieni nella mia cucina
tesoro là fuori sta per piovere
Oh è andata via
lo so che non tornerà più
ho preso l'ultimo nichelino
da dentro il suo portafortuna
E' meglio che vieni nella mia cucina
tesoro là fuori sta per piovere
Quando una donna si mette nei guai
tutti la gettano via
cerca il suo buon amico
non trova nessuno
E' meglio che vieni nella mia cucina
tesoro là fuori sta per piovere
Sta arrivando l'inverno
e sarà lento a passare
non puoi farcela con l'inverno tesoro
sono tempi duri
E' meglio che vieni nella mia cucina
tesoro là fuori sta per piovere
lunedì 23 maggio 2011
ma cos'è questa crisi?
http://www.youtube.com/watch?v=A6lbIIQjIsU
http://www.youtube.com/watch?v=JxV9JGO5Z6E
domenica 22 maggio 2011
sabato 21 maggio 2011
ad E., da lontano, dopo tanto
venerdì 20 maggio 2011
la rosa di nessuno
Dentro gli occhi smarriti – leggi:
le orbite astrali, e del cuore, il bel
vorticoso Invano.
Le morti e tutto ciò
che ne venne. Delle generazioni
la catena, che
qui giace sepolta
e qui ancora pende, nell’etere,
sfiorando abissi. Di tutti
i volti la scrittura, in cui
si conficcò, sabbia sibilante, la parola – infime
eternità, sillabe.
Tutto
ebbe ali, anche
ciò che più pesa, nulla
che trattenesse.
Paul Celan
giovedì 19 maggio 2011
stop please
Ecco, io non vorrei dire. Però.
A gennaio erano dieci anni dalla morte del mio miglior amico. Tumore, a venticinque anni. Io non credo nei presagi. Però.
Appena dopo le vacanze di Natale, una ragazza della mia scuola (non alunna mia, ma che cambia?) finite le lezioni si butta da una finestra del quinto piano. Un paio di settimane dopo, un'altra ragazza (neanche lei alunna mia, ma di nuovo...) ripete lo stesso gesto, stavolta a casa sua. Entrambe sopravvivono: non sempre le cose vanno proprio così male. Però.
Poco più di un mese fa, un amico di mio cognato - amico d'infanzia, praticamente cresciuti insieme - quarantacinque anni, divorziato, due figli, un'esistenza alle spalle che definire sfigata è poco, muore di cancro, dopo mesi di terapie e di agonia attaccato a macchine e antidolorifici. Da poco si era trovato una ragazza, si stava rifacendo pian piano una vita. Sì, io lo conoscevo solo di vista. Però.
Lo scorso fine settimana un ragazzo della mia scuola, un giovanottone dai capelli rasta, sedici anni, famiglia disastrata, va a una festa ad un centro sociale, prende qualche pasticca di troppo, si sente male. Muore. No, non conoscevo direttamente neanche lui. Però.
Poi ci sono i problemi minori, minimi. Gestire contemporaneamente la scuola, la collaborazione con l'università, il lavoro di giornalista, la famiglia. A rimetterci è il sonno. E la salute. E l'equilibrio psichico.
E poi da mesi sto aspettando una soluzione che mi permetterebbe di riprendere con l'università a tempo pieno, che arriva, no non arriva, sì forse arriva ma non si sa quando, e invece no non arriva perché tutti i finanziamenti sono bloccati, boh nessuno ne sa niente. Io intanto rimango lì, appeso all'ordinaria follia dell'accademia italiana. A chiedermi se davvero ne vale la pena, o se magari è meglio darci un taglio, una volta per tutte.
D'accordo, sono tutte cose che ho scelto io. Però.
Insomma: niente di così grave, direte voi. Però io direi che magari basta, no?
(Ecco, visto che ci siamo, sentiamoci Chet Baker, che quello almeno male non fa. O, se fa male, lo fa bene).
mercoledì 18 maggio 2011
milo de angelis 3 - "fuori c'è la storia"
Come ho già detto, sto tendendo dei fili, tracciando corrispondenze.
Un'altra, piuttosto evidente, è fra queste quattro poesie, tutte tratte da "Somiglianze" (1976).
Le sentinelle
Compiendo il gesto dove il fiume è profondo
nemmeno così, con i sonniferi
e il panico, si potrà far vedere qualcosa
a quelli che non l'hanno mai vista
durante la loro, lontana, e questa notte
che stanno guardando
in una lingua imprestata,
senza un solo atto imperativo,
si tengono in disparte
con parole, simboli di seconda mano,
parlano senza svelare l'inizio
hanno fatto dell'altrove un tempio abitabile
nella penombra lungo i burroni
si ritraggono dalla morte per scortarla.
* * *
Bisognava
Non c'erano tram e si tornava tacendo:
ecco, sorrisi
si ripetono alla stazione e il tempo
ritorna ed è sottratto. Poi
come credersi autori?
non ero tutto lì discorrendo, eppure ero assolutamente
lì: è difficile
un gesto sentimentale
vedi, odia se stessa la coscienza infelice
ma guai
se in un clclo nascita e morte si congiungessero
confutato l'occidente. Perciò tutto
è povero, dandosi a metà
tra azioni piccole, distruzioni piccole
e comiche, in un paesino di pietra
visitato dalle crociate
e ancora cattolico
ogni cosa è sottratta, ogni cosa
eppure
con ideologia
viene difesa
pensavi: baciami (tanto
non potrai vivere senza secondi fini) baciami
il grande oggettivo
è cinico come il grande io. Resta. Ma un'ultima cosa
non mettere lo strano dove non c'è
ma ancora, senti, un'ultima cosa: non toglierlo
se c'è: prova adesso e con
dolcezza, prova
prova, amore, prova. Fari, strade del porto, sentimenti
ingarbugliati perché non detti
ma tu prova. Vedi, questa sera cede
alla conclusione, all'indugio e all'insistenza
di esserci: bisognava gridarlo a voce alta
il male
per vincerlo: invece noi...
* * *
Ogni metafora
Lo stesso cielo basso
di ambulanze e di pioggia, nel turbamento
e le mani sull'inguine, chiamate dal corpo
per opporre
uno stupore minimo alle cose
mentre fuori, tra i semafori, l'europa
che ha inventato il finito
resiste
lontana dall'animale, difende
concetti reali e irrilevanti
lungo le autostrade, nel tempo lineare
verso un punto
e gli occhi non si chiudono contro le cose, fermi
dove un millennio oggi ha esitato
tra cedere e non cedere
perdendosi sempre tardi, e con intelligenza
* * *
Un perdente
Fuori c'è la storia,
le classi che lottano.
Cosa fare dunque una volta per tutte
rifiutando il mondo
accettandolo al mattino
("Era vero, sai, era profondo
il litigio con lei. Ma c'era un solo letto
e prevalsero i corpi").
C'erano i confini
biologici e le grandi leggi del profitto.
Perciò inventò gli dei e l'interiore.
Alla sera, durante l'erezione
pretese anche un destino
("dove sei stata per tutta la mia vita?").
martedì 17 maggio 2011
ancora su milo de angelis
Capita spesso che il dialetto costringa la poesia a un salutare bagno di concretezza. Succede anche al lirico, vertiginoso Milo De Angelis, in queste tre belle liriche milanesi (da "Distante un padre", 1989).
Na storia di A.
An t'al tram pien, as guarda mal la gent
pronta a scatà se quaicadün la tucca.
Ma 'vzin a mì na dona l'arman longament
sperdua, piega mara l'angul 'd la bucca.
Dròlo ...ades m'ciaimo gnanca
parchè ch'a piang e a piang
sa dona veja ...forsi ...e bianca
...povra o sniura ...so pü nen.
...Veg machi 's piansi mut e parfond
che, adnan a mì, da tant distant a ven,
's piansi ch'a ven dai sorgìs dal mond.
Una storia di A. Si guarda male, nel tram affollato, la gente / pronta a reagire appena qualcuno la tocca. / Ma c'è una donna, vicino a me, sembra assente, / sperduta... una piega amara sulla bocca. // Strano... adesso non mi chiedo neppure / perché piange e piage ancora, / questa donna forse vecchia... non so... povera o signora... // Vedo solamente questo pianto muto e profondo / che, accanto a me, viene da tanto lontano, / questo pianto che viene dalle origini del mondo.
Cansò dal genar süc
L'è stacc quand che na machina l'a 'nvestì cme na foija
cul giögadur, Gigi Meroni, col so dribling strecc, in poc sbilenco.
L'è stacc anlur, a m'smia, 'nt al cantinó dal Savoia
al medesim nom, n'autra erba dventaja mutta, Luigi Tenco.
Parlavu 'd Cassine, 'd l'eua anfeta e po a l'è sparì
dríara na maniglia, valt'a'svei, 'nt'an dì ad mercà.
Am viz ch'a në scrivìa: veira núacc, mi serc sënsa pietà
quaidün ch'al fassa in tentativ par mì.
Canzone del gennaio asciutto. È stato quando una macchina investì come una foglia / quel giocatore, Luigi Meroni, dribbling stretto, un po' sblilenco... / ...è stato allora, mi sembra, nel cantinone del Savoia / lo stesso nome, un'altra erba che si fa muta, Luigi Tenco. // Parlavamo di Cassine, dell'acqua guasta, e poi è sparito / dietro una maniglia, chi sa come, un giorno di mercato. / Ricordo che ci scrisse: vera notte, io cerco senza pietà / qualcuno che faccia un tentativo per me.
Staseira
A sent doe vos ch'as sercu e besbìu
- doe vos d'na man ch'a so bianca
staseira cen avzin: "s'it vije, mi viju".
Le masnà, con doe miseire, son cuntente,
i son volasne via. A sent che la poesia
l'è tüta li: fà l'univers con gnente.
Stasera. Sento due voci che si cercano e bisbigliano / due voci di una mano che so bianca / stasera vengono vicino: "se tu vegli, io veglio". // Le bambine con due miserie sono contente, / sono volate via. Forse la poesia / è tutta lì: fare l'universo con niente.
lunedì 16 maggio 2011
recensioni in pillole 104 - "Elektra: Assassin"
Frank Miller/Bill Sienkiewicz, Elektra: Assassin, Marvel 2011 (pag. non num, € 32)
Premetto: non ho mai frequentato i fumetti Marvel, quindi non so praticamente nulla dell'intricatissima continuity spaziotemporale in cui si muovono i suoi personaggi.
Tutto quel che so di Elektra è che il personaggio appartiene al mondo narrativo di Daredevil, che è una sua ex-amante e che, per una sequenza di avvenimenti troppo complicata perché io mi sforzi di capirci qualcosa, è diventata una ninja, un'assassina a pagamento spietata, dotata di poteri fisici e psichici quasi sovrumani.
E so anche che questo “Elektra: Assassin”, uscito nel 1986 dalla penna di Frank Miller e dai pennelli di Bill Sienkiewicz, è considerato una delle apparizioni più riuscite del personaggio. Tanto per capirci, Frank Miller è lo sceneggiatore di “Dark Knight Returns”, “Sin City” e “300”, l'uomo che negli anni Ottanta ha rivoltato da capo a piedi l'universo dei supereroi Marvel. Di Sienkiewicz ho già parlato qui.
Più o meno inutile cercare di riassumere la trama di questa graphic novel: Elektra, impegnata in una misteriosa missione che comprende l'uccisione di vari personaggi politici di primissimo piano (ma con il dubbio che tutto sia frutto delle allucinazioni della sua mente instabile), incontra Garrett, un agente segreto alcolizzato, trasformato in un cyborg da un gruppo di scienziati pazzi. Tra i due si instaura una perversa relazione padrona-schiavo. Con ciò che ne segue.
Piuttosto, quel che conta è che Miller racconta il tutto con una tecnica narrativa fatta di ellissi, montaggi incrociati, flussi di coscienza sovrapposti che esplorano il lato oscuro dei personaggi. Sienkiewicz gli presta il suo virtuosismo tecnico e la sua immaginazione visionaria.
Se poi, leggendolo, capite poco o nulla della trama, non preoccupatevi. È comunque un capolavoro.
Premetto: non ho mai frequentato i fumetti Marvel, quindi non so praticamente nulla dell'intricatissima continuity spaziotemporale in cui si muovono i suoi personaggi.
Tutto quel che so di Elektra è che il personaggio appartiene al mondo narrativo di Daredevil, che è una sua ex-amante e che, per una sequenza di avvenimenti troppo complicata perché io mi sforzi di capirci qualcosa, è diventata una ninja, un'assassina a pagamento spietata, dotata di poteri fisici e psichici quasi sovrumani.
E so anche che questo “Elektra: Assassin”, uscito nel 1986 dalla penna di Frank Miller e dai pennelli di Bill Sienkiewicz, è considerato una delle apparizioni più riuscite del personaggio. Tanto per capirci, Frank Miller è lo sceneggiatore di “Dark Knight Returns”, “Sin City” e “300”, l'uomo che negli anni Ottanta ha rivoltato da capo a piedi l'universo dei supereroi Marvel. Di Sienkiewicz ho già parlato qui.
Più o meno inutile cercare di riassumere la trama di questa graphic novel: Elektra, impegnata in una misteriosa missione che comprende l'uccisione di vari personaggi politici di primissimo piano (ma con il dubbio che tutto sia frutto delle allucinazioni della sua mente instabile), incontra Garrett, un agente segreto alcolizzato, trasformato in un cyborg da un gruppo di scienziati pazzi. Tra i due si instaura una perversa relazione padrona-schiavo. Con ciò che ne segue.
Piuttosto, quel che conta è che Miller racconta il tutto con una tecnica narrativa fatta di ellissi, montaggi incrociati, flussi di coscienza sovrapposti che esplorano il lato oscuro dei personaggi. Sienkiewicz gli presta il suo virtuosismo tecnico e la sua immaginazione visionaria.
Se poi, leggendolo, capite poco o nulla della trama, non preoccupatevi. È comunque un capolavoro.
Etichette:
bill sienkiewicz,
elektra: assassin,
frank miller,
fumetti,
marvel,
recensioni,
recensioni in pillole
domenica 15 maggio 2011
critici
sabato 14 maggio 2011
tre poesie di milo de angelis
Dire che Milo De Angelis è uno dei maggiori poeti italiani dell'ultimo scorcio di Novecento è dire un truismo. Io, però, non ero mai riuscito ad entrare nella sua (invero ardua) grammatica d'immagini.
Ultimamente sto centellinando un'antologia sua, uscita anni fa da Donzelli (“Dove eravamo già stati”, Roma 2001). Sto cominciando, poco a poco, a tracciare linee, unire punti, decifrare nessi.
Queste tre, ad esempio, tratte dalla sua prima raccolta, “Somiglianze” (1976), mi sembra compongano - al di là della frattura semantica e dalla fulminante rapidità dei nessi associativi - un trittico, con una sua unità narrativa.
All'incrocio di ed...
Si mette nella posizione, nasconde
la ferita, ricomincia (“vienimi ancora dentro”)
e poi ascolta il rumore del fiume
a pochi centimetri dall'acqua
tra elegia e decisione, ha conosciuto qualcosa
sì le cosce
quelle cosce mi stingevano, erano potenti e lunghe
soffocavano, eppure non volevo tirarlo fuori
era durissimo
ma poi dicevo “perdonami questo amore che
è già un'azione”
la pazzia
di una chiarezza, vedere di persona, mettere in comune
queste cose
non sono il luogo di una storia generale, non
si incontreranno mai e non non
la bambina corre con le braccia tese
dentro il lupo
il termometro entra nell'ano, gli scalini sono
sempre di più, il montebianco
ma poi improvvisamente allontana il papà
e nasce la grande quiete, dentro la quiete
dentro la quiete
è immersa nell'aria, non fa nessun movimento
se non si muove l'aria
penetra fino in fondo, tocca la sua parete
lei urla
la precauzione, l'angoscia, l'incredibile
di interrompere
mentre
ma poi la quiete, improvvisamente, diceva
nella quiete miracolosa “lascia che decidano
le stelle”
guardale, fa' ogni cosa, entra, vivi pure
loro
loro perdoneranno.
* * *
La lentezza
“Volevo che tutti si fermassero”
dice
con la sciarpa stretta
mentre attraversiamo le pozzanghere
“non volevo diventare diversa”
e sono confuse le parole, tra i passi, oggi,
ai bordi del marciapiede
“Jiskova è lontana
e non so mai degli altri” e intanto
inizia questa campagna, in fondo al viale
l'odore dei cortili
dopo gli ultimi tram “...quale gioia... di cosa
parli... ti basta questo...
…questo amore pieno di doveri... dove
al massimo si è perdonati... quelli che possono...
...ti accontenti di questo...”
ma c'è troppo vento, e parole piene di consonanti
per dire che finisce
e sillabiamo “nerozumìm, nerozumìm”
nel mattino come biondo pallido
una cosa imprendibile
che scivola sull'asfalto, una volta sola
“...ma ora la prova è per noi...
noi che non possiamo vedere...” i camion
passano lentamente, carichi,
in fondo alla curva
e i muri di queste case, l'odore di cucina
“dove sei” mi chiede, in una lingua
indimostrabile, e non parla.
* * *
La frazione
Eppure era per la gioia.
Le luci tremano, nella vetrina,
e vorrebbero entrare in un significato.
Qui è impossibile
legare i minuti a qualcuno:
il tempo non si accorcia
con un progetto,
tutto ha la sua lunghezza.
Non coincide con ciò che pensa, non può.
Eppure era per la gioia
troppo viva per non crederci. Prendeva
con le mani amori e amori
che si convertivano in uno solo.
Appoggiata al vetro
una fronte gelida
(“farò della mia vita una porcheria”)
mentre una radio parla
lingue sconosciute
e nessuno dice il significato
che forse uscirà, a distanza, controvento.
Fuori c'è Milano. Novembre.
Adesso la diversità oscura tutto. Una porta
si apre, passa gente. Altri
premono senza sbocco. Anche questo questo polso
batte, vuole qualcosa,
una grande risata, vicinissima.
Ma è tempo ormai di non far durare le cose.
Nulla comincerà
prima di questo passo. Ci deve essere una prova,
una caduta senza discorsi, in disordine.
venerdì 13 maggio 2011
nightlife
La Vita Notturna è tagliata in una pezza di velluto sontuoso, color blu profondo. Brilla di gioielli, e brilla in tonalità frementi e tintinnanti. Alcune di queste cose brillanti sono più preziose delle pietre preziose; altre sono solo sprazzi di bigiotteria di scena. La Vita Notturna sembra nata con dentro tutta la sua gente, gente che non è mai stata bambina, ma è nata adulta, del tutto indipendente. Alcuni di loro erano persone meravigliose, altri solo comparse. Alcuni di loro hanno sperimentato misteriose disavventure, e alcuni sono stati fortunati. Alcuni di loro brillavano nella Vita Notturna, ancor più luminosi dei loro nomi sui tendoni. Alcuni giocavano sul sicuro, altri tendevano a barare. C'erano truffatori, che per sopravvivere dovevano riuscire a trovare un idiota. E c'erano alcuni che erano troppo saggi per truffare, che volevano solo avere abbastanza soldi da potersi permettere di essere gli idioti. La Vita Notturna aveva una canzone e una danza. La Vita Notturna era New York, Chicago, San Francisco, Parigi, Berlino; in centro e nei quartieri alti; ad Harlem, giù al Sud; dovunque si indossasse quel meraviglioso manto di velluto.
* * *
Night Life is cut out of a very luxurious, royal-blue bolt of velvet. It sparkles with jewels, and it sparkles in tingling and tinkling tones. Some of its sparkles are more precious than precious stones; others are just splashes of costume jewelry. Night Life seems to have been born with all of its people in it, the people who had never been babies, but were born grown, completely independent. Some of them were wonderful people, and some were just hangers-on of a sort. Some of them experienced untold misfortunes, and some of them were lucky. Some of them glittered in Night Life even more brightly than their names on the marquees. Some played sure things, others were inclined to gamble. There were a few hustlers, who depended upon finding suckers for survival. And there were some who were too wise to hustle, who only wanted to have enough money to be able to afford to be a sucker. Night Life had a song and a dance. Night Life was New York, Chicago, San Francisco, Paris, Berlin; uptown, downtown; Harlem, out South; anywhere where they wore that gorgeous velvet mantle.
(Duke Ellington, Music Is My Mistress – traduzione mia)
giovedì 12 maggio 2011
il pianto
mercoledì 11 maggio 2011
martedì 10 maggio 2011
visioni - 4
Non toccare la donna bianca (Touche pas à la femme blanche) (1974), di Marco Ferreri, con Catherine Deneuve, Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Philippe Noiret, Ugo Tognazzi, Alain Cuny, Serge Reggiani, Paolo Villaggio (108 minuti) (VHS, lunedì 2 maggio 2011)
Parigi, 1973. Il quartiere belle époque delle Halles è stato demolito per lasciar spazio a un progetto di rimodernamento urbano. Gli abitanti (in gran parte proletari e clochard) sfrattati; al posto delle loro case, è rimasto un enorme buco vuoto. E Marco Ferreri che fa? Non si lascia scappare l'occasione: li ingaggia tutti, li traveste da indiani e mette in scena, in mezzo al traffico e ai palazzoni della Parigi contemporanea, una dissacrante parodia della battaglia di Little Big Horn.
Marcello Mastroianni è un Custer idiota come di prammatica, Philippe Noiret un cinico generale, Ugo Tognazzi una buffonesca guida indiana che vorrebbe diventare un bianco, Catherine Deneuve (la "donna bianca" del titolo, of course, di una bellezza quasi imbarazzante) una candida infermiera innamorata di Custer, Paolo Villaggio uno strampalato antropologo (e agente CIA), Michel Piccoli un Buffalo Bill ridotto a un patetico cialtrone. Poi ci sono gli spregiuticati affaristi che vogliono costruire l'immancabile ferrovia, un ufficiale medico con l'hobby di impagliare indiani, un indiano matto e mezzo nudo, un trio di soldati canterini che segue costantemente Custer; e, onnipresente sullo sfondo, il sardonico sorriso di Nixon, che proietta sulla vicenda l'ombra inquietante del Vietnam.
Ferreri, che pure sta chiaramente dalla parte degli “indiani”, non risparmia neanche a loro qualche frecciata del suo feroce sarcasmo.
Forse non una delle sue opere maggiori, ma un divertissement folle e irresistibile.
lunedì 9 maggio 2011
domenica 8 maggio 2011
lampi - 130
sabato 7 maggio 2011
venerdì 6 maggio 2011
giovedì 5 maggio 2011
l'ingiustificabile
Qualcuno gettando il fumo contro il freddo
disse: questo è jazz.
Ecco è stato uno di quei momenti.
Poi si trattò solo di guardarsi le dita
placidamente accomodare le vene
interrotte all'altezza dei polsi.
Se mi chiedi i perché non posso che citare
le somiglianze e le confutazioni
(sono io che non sono come te io ho sempre capito
o troppo o troppo poco).
(nell'immagine: un quadro di Dino Valls)
mercoledì 4 maggio 2011
se questo è uno scienziato...
Premessa: sono tendenzialmente contrario al nucleare, ma non pregiudizialmente.
Nel senso che, da profano, gli argomenti per il no mi sembrano di gran lunga più probanti che non quelli per il sì, ma d'altra parte, in tutta onestà, non posso negare che alcuni argomenti per il sì siano piuttosto forti. Ma non è questo il punto.
Il punto è: possiamo fidarci? Ad esempio, possiamo fidarci di uno che è ufficialmente uno scienziato e fa affermazioni come quelle discusse in questo pezzo (che riprendo dal blog di Daniele Muriano)?
Lascio a voi la risposta.
Nel senso che, da profano, gli argomenti per il no mi sembrano di gran lunga più probanti che non quelli per il sì, ma d'altra parte, in tutta onestà, non posso negare che alcuni argomenti per il sì siano piuttosto forti. Ma non è questo il punto.
Il punto è: possiamo fidarci? Ad esempio, possiamo fidarci di uno che è ufficialmente uno scienziato e fa affermazioni come quelle discusse in questo pezzo (che riprendo dal blog di Daniele Muriano)?
Lascio a voi la risposta.
Battaglia ad Annozero. Analisi di due menzogne
di Daniele Muriano
Ieri, giovedì 28 aprile 2011, ho assistito alla trasmissione di Annozero dall’inizio alla fine.
Tra gli ospiti c’era Franco Battaglia, editorialista del Giornale, noto sostenitore del nucleare civile e del governo Berlusconi (le prefazioni delle sue ultime due pubblicazioni portano la firma, l’una di Renato Brunetta, l’altra di Silvio Berlusconi; qui il curriculum di Franco Battaglia).
Si è parlato del nucleare civile, del disastro giapponese, dell’incidente di Chernobyl e, quindi, della sicurezza delle centrali nucleari.
Metodo. Riporterò alcuni enunciati del professor Battaglia e considererò il valore di verità di ciascuno di essi. Mi interessa capire insomma se il professor Battaglia dice il vero o dice il falso.
Piccola premessa. Nel dibattito di Annozero il professor Battaglia figurava in veste di scienziato. Perciò il valore di verità delle sue affermazioni riguarda le fonti scientifiche, che possono confermare o smentire le parole dello scienziato. Non si tratta qui di vagliare le credenze del professor Battaglia, ma il suo sapere scientifico: cioè reso valido dalla comunità degli scienziati. Ci interessano dunque gli enunciati assertivi: “la mela è verde”, “il tavolo è quadrato”, “l’incidente di Chernobyl non ha causato morti”.
Ebbene, il professor Battaglia è un anello della catena deferenziale della comunità scientifica: cioè le sue parole devono essere compatibili con quelle di alcuni membri della comunità scientifica e trovare quindi una conferma. In poche parole, per verificare il valore di verità delle parole di Battaglia controlliamo le fonti da lui citate direttamente e i saperi impliciti nel discorso.
(continua a leggere l'articolo qui)
Etichette:
annozero,
daniele muriano,
franco battaglia,
menzogne,
nucleare,
scienza
martedì 3 maggio 2011
lunedì 2 maggio 2011
domenica 1 maggio 2011
beato lui
Etichette:
anticlericalismo,
beatificazione,
giovanni paolo II,
litfiba,
santiago,
wojtyla
Iscriviti a:
Post (Atom)