mercoledì 18 maggio 2011

milo de angelis 3 - "fuori c'è la storia"


Come ho già detto, sto tendendo dei fili, tracciando corrispondenze.
Un'altra, piuttosto evidente, è fra queste quattro poesie, tutte tratte da "Somiglianze" (1976).


Le sentinelle

Compiendo il gesto dove il fiume è profondo
nemmeno così, con i sonniferi
e il panico, si potrà far vedere qualcosa
a quelli che non l'hanno mai vista
durante la loro, lontana, e questa notte
che stanno guardando

in una lingua imprestata,
senza un solo atto imperativo,
si tengono in disparte
con parole, simboli di seconda mano,

parlano senza svelare l'inizio
hanno fatto dell'altrove un tempio abitabile
nella penombra lungo i burroni
si ritraggono dalla morte per scortarla.

* * *

Bisognava

Non c'erano tram e si tornava tacendo:
ecco, sorrisi
si ripetono alla stazione e il tempo
ritorna ed è sottratto. Poi
come credersi autori?
non ero tutto lì discorrendo, eppure ero assolutamente
lì: è difficile
un gesto sentimentale
vedi, odia se stessa la coscienza infelice
ma guai
se in un clclo nascita e morte si congiungessero
confutato l'occidente. Perciò tutto
è povero, dandosi a metà
tra azioni piccole, distruzioni piccole
e comiche, in un paesino di pietra
visitato dalle crociate
e ancora cattolico
ogni cosa è sottratta, ogni cosa

eppure
con ideologia
viene difesa
pensavi: baciami (tanto
non potrai vivere senza secondi fini) baciami
il grande oggettivo
è cinico come il grande io. Resta. Ma un'ultima cosa
non mettere lo strano dove non c'è
ma ancora, senti, un'ultima cosa: non toglierlo
se c'è: prova adesso e con
dolcezza, prova
prova, amore, prova. Fari, strade del porto, sentimenti
ingarbugliati perché non detti
ma tu prova. Vedi, questa sera cede
alla conclusione, all'indugio e all'insistenza
di esserci: bisognava gridarlo a voce alta
il male
per vincerlo: invece noi...

* * *

Ogni metafora

Lo stesso cielo basso
di ambulanze e di pioggia, nel turbamento
e le mani sull'inguine, chiamate dal corpo
per opporre
uno stupore minimo alle cose
mentre fuori, tra i semafori, l'europa
che ha inventato il finito
resiste
lontana dall'animale, difende
concetti reali e irrilevanti
lungo le autostrade, nel tempo lineare
verso un punto
e gli occhi non si chiudono contro le cose, fermi
dove un millennio oggi ha esitato
tra cedere e non cedere
perdendosi sempre tardi, e con intelligenza

* * *

Un perdente

Fuori c'è la storia,
le classi che lottano.
Cosa fare dunque una volta per tutte
rifiutando il mondo
accettandolo al mattino
("Era vero, sai, era profondo
il litigio con lei. Ma c'era un solo letto
e prevalsero i corpi").
C'erano i confini
biologici e le grandi leggi del profitto.
Perciò inventò gli dei e l'interiore.
Alla sera, durante l'erezione
pretese anche un destino
("dove sei stata per tutta la mia vita?").

3 commenti:

amanda ha detto...

nulla... non si è acceso nulla

sergio pasquandrea ha detto...

lo so, amanda, non è facile.
a me ci è voluto molto tempo per riuscire a entrare dentro questa poesia.

LetameEspianto ha detto...

Un millimetro per volta.
Parti subito! e vai avanti fino a che non potrai più camminare!
"Perché"? Perché non rimane altro da fare! nuoteremo per sempre, tracceremo una scia nelle alghe!
E tu, piccolissima briciola del mondo conoscibile, vuoi restare senza cuore, incosciente? errare come formica senza centro?
Togli le maschere! presto! Verranno in tuo aiuto le scialuppe più insperate! Guarda a chi sa volare!