sabato 31 agosto 2013

il mondo in un granello di sabbia



La poesia può darti risposte microscopiche e stereofoniche. 
“Vedere il mondo in un granello di sabbia”, disse William Blake nel suo modo visionario.
[…]
Le cose abitano sempre nella possibiltà e nella memoria. 
Il trucco è scovarle, innalzarle dal fondo della corrente 
e richiamarle al desiderio, alla lingua.

Seamus Heaney 
(13 aprile 1939 - 30 agosto 2013)


clicca qui per ascoltare tutta l'intervista su RaiEdu

venerdì 30 agosto 2013

lampi - 225


Sto diventando nichilista. Mi sorprendo a sperare che tutto crolli, il più presto possibile.
Poi, finalmente, potremo ricominciare dalle ceneri.

giovedì 29 agosto 2013

ultime dalla famiglia (miscellanea)



- Lorenzo, metti la maglietta, che usciamo.
- Non me la to mettele.
- Ma come, hai quasi quattro anni! Se non te la sai mettere, impara!
- No, mammina: quanno avlò ditiotto anni, impalelò a guidale e a mettele la maietta.

* * *

- Papà, secondo me Cappuccetto Rosso non sta usando per niente la testa!

* * *

- Lorenzo, non lasciare la bicicletta lì da sola, sennò te la rubano.
- Non è velo! I ladi ci tono tolo di notte!

* * *

"Ti telefono o no? Ti telefono o no?
Che faccio?"
(dal cd di prossima pubblicazione "Lorenzo sings Nannini")

* * *

- Mamma, lo tai che io elo venuto qui a Peluta, e mi hanno visto che elo cotì bello e mi hanno pottato qui da voi!

* * *

- Elena, prima di partire, controlla un po' se hai messo tutte le tue cose in valigia!
- Sì, poi ci riguardo: ma sono sicura che c'è tutto.
(Si allontana con sussiego, stringendo sotto il braccio il suo nuovo "Libro degli animali")

* * *

- Toella! Annamo a giocare col tavallino?
- Lorenzo! Ma la tua sorellina si chiama solo "sorella"?
- Tì! Toella Pappavela!

* * *

- Lorenzo, devi mangiare tutta la pappa, sennò sembri povero!

* * *

- Dai, mamma, basta con queste canzoni, che m'intristo...
(Elena, dopo mezz'ora di cori degli alpini)

mercoledì 28 agosto 2013

meglio tardi...



Questo fine-settimana (giovedì 29-sabato 31 agosto) si terrà ad Aliano (MT) il festival di paesologia "La luna e i calanchi", organizzato da Franco Arminio.
Aliano è il paese di Carlo Levi e di "Cristo si è fermato ad Eboli". Per maggiori informazioni sul festival, su Arminio e sulla paesologia, si può guardare qui e qui.
Io ci andrei, se potessi. Intanto, ve l'ho detto.

martedì 27 agosto 2013

tecniche di parata



Si scrive sempre per schivare il colpo
(è un modo come un altro) in fondo
quanta bellezza si può sopportare
prima che le costole cedano?
È per questo che le poesie parlano sempre
d'altro: sono traiettorie evitate.
Pensa – sostenere tutto da solo
la curva dei tuoi malleoli.
Così almeno ho assorbito solo parte
dell'urto: e già mi basta per tremare.


(Nell'immagine: George Bellows, "Dempsey and Firpo", 1924)

lunedì 26 agosto 2013

cronache familiari - relatività del valore



- Papalino, petté chiudiamo la potta?
- Perché sennò entrano i...?
- I ladi!
- Bravo, i ladri.
- Eh, già, e poi ti lubano tutti i miei giocattoli!

domenica 25 agosto 2013

pubblicità per me stesso


Alcune mie poesie sono incluse nell'antologia "Labyrinthi, vol. 4", a cura di Ivan Pozzoni, appena uscita per l'Editore Limina Mentis.
L'iniziativa fa parte di un tentativo di promuovere voci nuove della poesia italiana; diciamo meglio: di rompere il muro di silenzio che la separa dal pubblico. Purtroppo, la distribuzione in libreria è quella solita, ossia più o meno nulla. Il volume è disponibile sul sito dell'editore, o presso i principali canali online, al prezzo di quindici euri. 
Io ve l'ho detto, poi fate voi.

sabato 24 agosto 2013

vai a guardare



alle cinque del pomeriggio
puoi essere in un bar
a bere un bicchiere d'acqua
o per strada. ti guardo da qui
da lontano.
vedo te,
un ragazzo che vende accendini,
un motorino che ti sfiora,
due che urlano in mezzo alla strada.
lasciali per favore
vai a guardare una vacca
un ramo storto
la neve sulla montagna.

Franco Arminio
(dalla sua pagina FaceBook)

venerdì 23 agosto 2013

che strano




Che strana materia è un corpo
e che strano noi che ci stiamo chiusi dentro
murati, o appesi a un filo, poco importa.
Che piacere denso e sofferto
stare con te sotto un albero
e vedere zone lontane del mio corpo
tornare a casa.
Che strano il resto della giornata
con l’emozione che mi girava dentro
come una farfalla
come un carro armato.

Franco Arminio
(dalla sua pagina FaceBook)


(nell'immagine: una fotografia di Francesca Woodman)

giovedì 22 agosto 2013

la favola è mia e me la gestisco io


"Se io ero al posto di Cenerentola, farei i lavori e mi comprerei il vestito, anche se sono povera."

mercoledì 21 agosto 2013

lampi - 224


Capisci un sacco di cose su una persona, dal modo in cui sbaglia.

martedì 20 agosto 2013

su "Jazz nel pomeriggio"...



...un mio post sull'ultimo lavoro di Francesco Bearzatti, "Monk'n'roll" (Cam Jazz 2013)

lunedì 19 agosto 2013

izvini, Fëdor Michajlovič



Stavolta faccio outing.
Dunque: un, due, tre, vai! Con Dostoevskij, non ce la faccio proprio. Non è cosa mia.
Ci ho provato: Delitto e castigo, L'idiota, i Karamazov iniziati più volte e mai finiti, Le notti bianche, Le memorie del sottosuolo (non tutto), Il giocatore, L'eterno marito.
Niente da fare: non riesco a star dietro alla trama, mi perdo con quei dannati nomi russi (nomi propri, cognomi, patronimici, diminutivi, vezzeggiativi, onorifici e chi più ne ha più ne metta: mi succede anche con Tolstoj, Cechov, Turgenev, Bulgakov, ma con lui, chissà perché, di più). E poi non capisco i suoi personaggi: perché si agitano tanto? Perché se la prendono così per ogni quisquilia? Perché pensano una cosa, e due secondi dopo un'altra? E perché confessano i loro più intimi segreti, urlandoli al primo sconosciuto di passaggio? E si affannano tanto a cercare il senso della vita, quando anche i bambini dell'asilo sanno che la vita non ha senso?
E poi, la psicologia: con tutto il mondo che c'è là fuori, dobbiamo proprio perdere tempo con pochi centimetri cubi di materia grigia? Dobbiamo continuare a fantasticare l'anima, questo homunculus superbo e parassita?
E la grande anima russa? Il messianismo? Il mistero del male?
No, no, mi dispiace.
Sono fresco di lettura dell'Idiota, e non posso non ammettere che mi restano in mente scene folgoranti: le pagine iniziali, la descrizione del Cristo di Holbein, le sensazioni del principe Miskin prima dell'attacco epilettico. Ma sono lacerti, spersi in un mare di pagine in cui andavo avanti per pura forza di volontà.
Insomma, basta: io mi arrendo. Un genio, ma non parliamo la stessa lingua, e lì non esistono babelfishes che tengano.

domenica 18 agosto 2013

lampi - 223


Forse, il Sud non è altro che l'Italia amplificata.
Prendi il meglio e il peggio dell'Italia, ingrandiscili con il pantografo, e ottieni il Sud.

sabato 17 agosto 2013

lampi - 222


Siamo tutti così vecchi.
Anche i giovani.

mercoledì 14 agosto 2013

i gesti mancati...



...sono quelli che fanno più male.
Apprendo solo ora che un mese fa, il 12 luglio, è morto Valter Binaghi. Avrebbe compiuto cinquantasei anni  due giorni dopo e - apprendo ora - era malato da tempo.
Non l'avevo mai incontrato, se non sul web. Le prime volte era stato su Nazione Indiana, dove lui spesso interveniva con la sua intelligenza affilata e provocatoria. Era qualche annetto fa, e io avevo interloquito con lui con la spocchia di un trentenne che crede di sapere tutto. Ovviamente non avevo capito un accidente.
Poi cominciai a seguire il suo blog (non cercatelo, perché l'ha cancellato lui, per una serie di ragioni lunghe da spiegare: quel che ne resta è qui; qui c'è quello di sua moglie, la scrittrice Roberta Borsari). Mi sono reso conto che non ero d'accordo con lui su quasi niente,  ma allo stesso tempo ho cominciato a stimarlo, per la passione e la coerenza che metteva in tutto ciò che faceva. Era uno che aveva il coraggio delle proprie idee e che le difendeva a viso aperto.
Valter era stato vicino all'estrema sinistra negli anni Settanta, poi aveva passato una brutta storia di droghe e ne era uscito come una persona nuova, attraverso la religione cattolica. Per vent'anni non aveva più scritto, ma aveva ripreso negli ultimi dieci o quindici: su Wikipedia, trovate un elenco dei suoi libri. Faceva anche il musicista blues e, soprattutto, insegnava storia e filosofia a scuola. Insomma, ce n'era abbastanza per rendermelo simpatico.
Parecchi suoi libri  avevo in programma di leggerli, e non l'ho mai fatto. Speravo, prima o poi, di incontrarlo di persona, e ora sarà impossibile.
Si può sentire, lo apprendo ora, la mancanza di una persona che non si è mai incontrata.

martedì 13 agosto 2013

noterelle montane (Cerreto di Spoleto, 3-10 agosto) - terza e ultima parte



“Pesca sportiva”.
Un rettangolo di acque verdi e trasparenti, incassato fra due pareti a picco nella Val Casana, con al centro un'isoletta artificiale di ninfee e oleandri. Moglie, suocera e cognati pescano appassionatamente. I bambini strillano eccitati ogni volta che qualcuno tira su una trota. Io guardo le sagome scure dei pesci aggirarsi pigramente nei cinquanta o sessanta centimentri verticali che costituiscono il loro universo. Le scaglie gettano riflessi azzurri sotto il sole.
Mi avventuro in un esperimento mentale.
Ho le branchie, sono veloce, lucido e freddo. Il mio cielo è una lastra smerigliata, fatta di chiazze calde e fredde. Ogni tanto, vi si proiettano ombre e luci.
Un guizzo: cibo? Il boccone. La trafittura nella gola.
Poi lo strappo: infrangere il cielo, luce che acceca, aria secca che mozza il respiro. Contorcersi senza trovare la spinta familiare dell'acqua; appeso, trascinato sempre più in alto, nel vuoto.
L'agonia lenta fra pareti di plastica scolorita, in poca acqua sporca e soffocante, in mezzo ai cadaveri dei miei simili.
Poi il taglio gelido, le viscere che si rovesciano. Il buio.
(Pensavo di detestare la caccia, ma questo è persino peggio).

Sopra quella che un tempo doveva essere una vasca di riproduzione, e che ora è un composto semisolido di foglie marce, aghi di pino, alghe e muschio, volano libellule sottilissime, di un blu quasi fosforescente.
Sotto il pelo dell'acqua, immobili, perfettamente mimetizzate, stanno le rane. Affiorano soltanto il muso e gli occhi globulari, che comunque non si distinguerebbero dal putridume circostante, se non fosse che ogni tanto qualcuna scatta, per catturare un insetto di passaggio.

CRROCC... CRROCC... CRROCC...
Nel silenzio della notte, un tarlo rode il legno dello stipite.

Girano, in gran numero, grossi scarabei verdi, tozzi e squadrati, lucidi come smeraldi. Esattamente identici a quelli degli antichi amuleti egizi. Hanno un volo goffo e rumoroso, che si annuncia a gran distanza; atterrano pesantemente, quasi con il sollievo di aver ripreso contatto con il terreno. Insomma, danno l'impressione di non essere esattamente disegnati per volare.

"Lucc, signorino. Nau de uoter is red. Nau is grinn. Nau is parpol. Nau is red eghen. Uott color is dis? Braaavo, signorino!".
(Tutte le sante sere, davanti alla piscina illuminata.)

FRRRRUMM.
Passeri che decollano dal prato, come minuscoli jet supersonici.

Mi accorgo che queste note trascurano i paesaggi, le vette, i larghi orizzonti, per tenere lo sguardo basso, vicino ai dettagli.
Durante l'escursione in gommone, ignoravo rupi e salici e notavo piuttosto ciottoli, giri di corrente, ciuffi d'erba, pozze d'acqua ferma.
“La superficie delle cose è inesauribile”.

Gara di schizzi sul fiume.
Lorenzo: “Mamma, puei tati mi hanno ppalato, ma pel foltuna io non tono muolito!”

Un colibrì, insiste la nipotina. No, è un grosso insetto, forse una farfalla*, con due lunghe antenne e una proboscide ancora più lunga, che rimane sospeso in aria, sbattendo freneticamente le ali, per succhiare tutti i gerani, uno ad uno.

Continua ad affascinarmi il volo delle rondini, che non avevo mai avuto modo di osservare così da vicino.
Se io dovessi immaginarmi di volare, penserei a uno scivolamento continuo, una planata. Invece i loro movimenti sono irregolari, fatti di brusche accelerazioni e decelerazioni, con continui, improvvisi cambi di direzione e di altezza. Sembra quasi che l'aria sia un elemento solido, sul quale possono fare pressione e attrito a loro piacimento.

Confesso: non amo i cani. Ma neanche mi danno fastidio. Diciamo che, finché ognuno sta al suo posto, andiamo d'accordo. Peggy, ad esempio, la dalmata: educata, tranquilla, direi quasi signorile, gira per il prato senza dare noia a nessuno.
Ecco, il problema  è quando si presenta una come Luna, il cucciolo di labrador. Simpatica, tenerona, come no. Però, dopo che ha masticato le pinne della nipotina grande; bucato il pallone nuovo di Lorenzo; dopo che ci è entrata due volte in casa, scorrazzando, abbaiando e nascondendosi sotto il letto, da dove ci è voluta la mano di Dio per tirarla fuori. Tutto ciò senza che il padrone muovesse un dito. Ecco, dopo tutto ciò, quando salta praticamente addosso (per giocare, per carità) alla nipotina piccola, uno scricciolino di nemmeno tre anni, dopo che lei comincia a strillare terrorizzata, quasi cadendo in piscina per scappare via; ecco, a questo punto a Luna un bel ruzzolone di un paio di metri non glielo leva nessuno.
E voglio pure vedere.
 
I Monti Sibillini ci salutano con una bufera. La becchiamo sul Pian Grande di Castelluccio di Norcia, dove eravamo andati con il progetto, fra gli altri, di un'escursione a cavallo. Gran pianti delle nipotine per l'occasione mancata.
Si fa in tempo per un picnic a base di pane umbro sciapo, formaggio e prosciutto locali, salsicce secche. Per il mio stomaco meridionale, peggio del cemento armato.
Passa scalpicciando un enorme gregge di pecore, un pastore, due cani neri e torvi, un ariete dagli enormi testicoli. Qualche tiro con il pallone, attenti ad evitare le cacche di cavallo che troneggiano in giro per il prato. Poi le nuvole passano dal bianco, al grigio, al nero, si scatena il vento, comincia la pioggia.
A mezza costa sulla montagna, il gregge è riunito in un grande cerchio bianco e brulicante.



* Scopro adesso il nome: Macroglossum stellatarum, o "farfalla sfinge". 



(Nella foto: paesaggio con cognato; Castelluccio, prima della tempesta)

lunedì 12 agosto 2013

noterelle montane (Cerreto di Spoleto, 3-10 agosto) - seconda parte



Dove sono nato io, il cielo è una cupola; anzi, diciamo meglio, una grande bacinella che spazia da orizzonte a orizzonte. E l'orizzonte c'è tutto, da qualunque parte si guardi, rotto appena, a nord-ovest, dai primi rilevi del Subappennino Dauno, e a nord-est dal Gargano (ma il Gargano è un caso a parte, un enorme cavallone di pietra che emerge, quasi verticale, dalla pianura, un'isola a sé rispetto a tutte le terre circostanti).
Da quando vivo a Perugia, ho accettato l'idea che il mondo possa scomporsi su diversi piani e che lo sguardo possa abbracciarne più di uno contemporaneamente.
Ciò nonostante, quelle rare volte che mi trovo in montagna, ancora fatico a capire come mai la terra non abbia la decenza di restarsene composta sull'asse che gli compete, quello orizzontale, e insista a sollevarsi in tutte le direzioni, come in un colossale, lentissimo maremoto. Mi inquietano gli intervalli vuoti, le macchie d'ombra che persistono quando tutto il resto è già al sole, l'ossame nudo della terra che emerge sulle vette, sotto la carne dell'humus e la pelliccia dei boschi. Tutto quello spazio occupato solo da roccia ottusa, compatta, che non conoscerà mai la luce. Quei dorsi minacciosi, come di belve pronte a scuotersi.

“Mammina, ma quando uno muore, poi finiscono i compleanni?”

Dopo il tramonto, è il turno dei pipistrelli. Ovviamente, nel loro caso è certo che sorvolino la piscina per catturare insetti, attirati dalle luci cangianti che la illuminano di notte.
(Mi stanno simpatici i pipistrelli, non so nemmeno io perché).

Sogni pieni di posti mai visti, di cui all'alba restano solo frammenti.

Sei e mezza del mattino: io, il sole appena sorto, gli uccelli appena svegli, mosche ovunque, l'acqua immobile, le montagne che sembrano carta velina, senza spessore. Silenzio quasi assoluto. Quando ne ho voglia, un tuffo in piscina. Colazione con tre o quattro fichi colti direttamente dall'albero. Poi si comincia la giornata.
Però, devo essere onesto: una settimana basta e avanza.

Mistero irrisolto della vacanza: per quale cacchio di motivo il nostro vicino di appartamento (italianissimo lui, come la moglie; forse romani, dall'accento) parli ai bambini esclusivamente in inglese. Un inglese, diciamo così, lontano dall'essere impeccabile. Solo lui, non la moglie. E per di più, insiste nel chiamare il maggiore (Giacomo, un anno e mezzo) “signorino”.
“Signorino, iu uont mor pappa?”
“No, signorino, giv mi de ciuccio.”
“Bravo, signorino! Iu faund de brum? A-ah? A-ah?”
“No signorino, nott tu clos tu de uoter. Nau ends on ior becc.”
È ormai la colonna sonora della vacanza.

Il bimbo dei vicini, otto anni, spaparacchiato sulla sdraio: "Ahhhh, questa è vita!".

Il “papà di Signorino” – questo, ormai, il nome in codice – ha un'inquietante somiglianza con l'Anthony Perkins di “Psycho”, pettinatura compresa.
È seduto sulla veranda mentre D. parla con i bimbi: “No, cicci, non abbiamo portato la casa delle bambole. Hai presente quella che abbiamo a casa, quella un po' liberty?”.
“Bello”, interloquisce Norman Bates, “ottimo modo di introdurre il liberty ai bambini. Ah! Ah! Ah!”
Io e D. ci guardiamo, agghiacciati.


(Nella foto: il paesaggio dalla terrazza)

domenica 11 agosto 2013

noterelle montane (Cerreto di Spoleto, 3-10 agosto) - prima parte



Approfittando di una serie di ricorrenze consecutive (compleanni di Eli, della cognata, del cognato e della cuginetta, onomastico di Lorenzo, più un paio di anniversari, tutti cadenti nel giro di nemmenno quindici giorni), ci siamo ritirati con la famiglia nei penetrali dei monti spoletini.
In realtà era solo un agriturismo: posto rustico ma splendido, privo persino – sollievo – di connessione internet.
Questi sono i frutti di una settimana di romitaggio.


* * *

Il bagno mattutino delle rondini.
Subito dopo il sorgere del sole, uno stormo si riunisce proprio sopra il rettangolo turchese della piscina, compiendo ruote ed evoluzioni, tagliando a zig-zag l'aria fresca e pulita del mattino. Poi, a turno, una o due per volta, si gettano in picchiata, sfiorano con il petto la superficie liscia e schizzano verso l'alto, lasciandosi dietro un cerchio di increspature. I loro movimenti sono più rapidi di quanto l'occhio possa percepire: non faccio in tempo a vederle chiudere le ali, iniziare la discesa, che loro sono già a pelo dell'acqua, o addirittura di nuovo in aria.
Quando tutte hanno finito, arrivano i passeri.

Una cavalletta si arrampica su per il muro esterno.
È una parete di pietre vive, tagliate in forme irregolari, unite dalla malta: quindi, una superficie accidentata, che offre numerosi impacci alla scalata. La bestiolina procede con passo circospetto, agitando di continuo le antenne e tastando tutto intorno con le lunghe zampe posteriori, in cerca di un appoggio, come un vecchio che saggi il terreno con il bastone.
Quelle zampe sono di un color rosso vivo, sottili e fragili, bordate da una fila di piccoli aculei. La parte più vicina al corpo (starei per dire “la coscia”) presenta invece delle striature più chiare, che poco a poco sfumano nel colore del corpo, che è un grigio-terra piuttosto spento.
Quel che non capisco è perché si impegni tanto, dove voglia arrivare di preciso. Il compito, comunque, sembra importante. Ogni tanto si ferma, resta perfettamente immobile per qualche minuto, poi si riavvia, magari per affrontare un passaggio particolarmente arduo.
Ho visto una sua simile affogata in piscina, rovesciata sulla schiena, con il ventre rosso che spiccava sul celeste dell'acqua.

Poco dopo, mentre leggo, sento un piccolo tonfo secco. È sempre lei, che mi è atterrata a pochi centimetri dal piede. Appena lo muovo, spicca un gran salto e va planare qualche metro più in là. La seguo arrancare nell'erba bassa, finché si infila in un cespuglio di bosso e la perdo di vista.

Un'altra cavalletta, vista sul bordo della piscina, più piccola dell'altra, aveva il corpo leggermente maculato, con due strisce verde chiaro sul dorso. Differenza di specie? Di genere? Mah...

Lorenzo a caccia di insetti.
Di qualunque specie siano – grilli mosche moscerini mosconi formiche tafani vespe cavallette cicale scarabei api coleotteri zanzare ragni centopiedi* – la prima domanda è sempre: “Lo posso schiacciare?”.

In effetti, le rondini eseguono il tuffo anche di giorno, persino quando c'è gente in piscina, anzi persino quando ce n'è molta. Mi è capitato spesso di vedermele sfrecciare a un metro di distanza, piccole forbici puntute e scintillanti.
Ho potuto così osservare meglio il gesto: sorvolano l'acqua e vi immergono la punta del becco, per qualche frazione di secondo; non ho ancora capito se per bere o per pescare insetti; o magari solo per rinfrescarsi, chissà.
Però i loro movimenti sono capolavori d'ingegneria aeronautica: guizzi, scarti, serpentine, curve strettissime, scivolamenti seguiti da frenate a mezz'aria, tutti realizzati a velocità frenetica, semplicemente variando la forma e la posizione delle ali e della coda rispetto al corpo. Il risultato è una fluidità esecutiva degna di un grande virtuoso, o di un atleta olimpionico.

Molti insetti, di specie varie e diverse, affogano in piscina: uno è questo coleottero. Che una formica ha avuto l'idea di utilizzare come zattera di salvataggio. Ci si aggira in larghe ruote sull'acqua, cercando un approdo ogni volta che si avvicina al bordo.


*  Lo so, ragni e centopiedi non sono insetti, ma non stiamo a sottilizzare.



(Nella foto: la piscina in oggetto. Proprio lei; all'alba)

sabato 10 agosto 2013

sessione di posa



Prima dell'ultima pennellata
la lingua sarà secca
il capezzolo piatto
e tutti avranno smesso di sorridere

però poi tutto sarà così bello
la safena pulserà per sempre
niente potrà allentare il groppo
dei muscoli raggrinzire quelle belle natiche.

venerdì 9 agosto 2013

cronache familiari: teratomorfia



"Lorenzo, perché strisci per terra?"
"Petté tono una tattaluga."
"E adesso che cosa fai?"
"Mangio le cchifezze."

giovedì 8 agosto 2013

comunicazione di servizio

Mi trovo in un posto bellissimo, ma privo di connessione internet.
Mi scuso per le mancate risposte ai commenti, che comunque ho letto e i cui autori ringrazio.
Provvederò quanto prima.
A presto e... stay tuned.

lampi - 221


Nulla è irreversibile, tranne le cose che non dovrebbero esserlo.

mercoledì 7 agosto 2013

l'attesa



Smettetela per favore di dire
che è un errore
io sono qui in servizio devo guardare
almeno in due direzioni

lo so bene che la mia giubba è vuota
che il cranio è ridotto a un ovoide
ma guardatemi le mani potrei spezzarvi
una vertebra se solo volessi

ma io devo restare qui
devo difendere la notte
nessuno arriverà lo sappiamo tutti
ma questo non vuol mica dire.

martedì 6 agosto 2013

dittico




Tienila stretta tua cugina
vedi il decollo è già iniziato
potresti perderla senza neanche accorgertene
librata nel cielo di piombo

fra poco toccherà a te lo sai
divergere da tuo figlio morto
il mulinello dei rosa degli azzurri
esploderà da un momento all'altro

già adesso nessuno saprebbe dire
dove sia la terra firma
se mai ce n'è stata una
se ha ancora un senso parlarne.


Jacopo Pontormo: La visitazione (1528-29) / La deposizione (1528)

lunedì 5 agosto 2013

locus solus




L'uomo guarda ma non è detto che veda
lei sì invece – ti vede eccome
e non gliene importa niente
ha un bambino da allattare lei

nuda o vestita qual è la differenza
fintanto che l'erba è fresca
il lampo è solo un diversivo
possibile non ve ne accorgiate

l'unico che lo guarda è un guizzo
del pennello – un airone se volete –
non c'è nessuno nelle case
il tuono deve ancora arrivare

anche il fiume è silenzioso
le foglie non stormiscono
il bambino poppa in silenzio
faresti meglio ad andartene non credi?

domenica 4 agosto 2013

deviazioni



Non tutte per lei sono le frecce
per lei che aspetta con la giugulare
bene in vista con i fianchi saldi
e il sorriso del trionfo

se calcoli bene la traiettoria
puoi vederlo da te – quel che è giusto
è giusto – non si può strusciare
troppo a lungo la barba sull'ascella

bisogna che arrivi prima o poi
la ricompensa – è già iniziato il gesto
ancora non si sa se schiaffo o abbraccio
tu non mollare quella carne bianca.

sabato 3 agosto 2013

lampi - 220


No, non ho il minimo talento per la conversazione; mi annoio, annoio gli altri; ho l'angosciosa sensazione di perdere il mio tempo.
Però sono un virtuoso di un'arte più sottile, rigorosa, rara, e per questo molto più preziosa: il silenzio.

venerdì 2 agosto 2013

non mi voglio rassegnare



BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.20

il cielo è un forno di pane pronto per la cottura
scappare sul mare di questa pianura e poi
approdare a isole azzurre felici ma tu

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.21

dicevi dicevi tu dicevi che hai bisogno di riflettere
se in questi giorni le parole hanno un senso
anche fra noi

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.22

d’accordo, non si può buttare via niente
d’altra parte non è possibile conservare tutto negli angoli della memoria
salvare l’indispensabile

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.23

lo so che non sono migliore o peggiore di tanti
cerco con gli anni di diventare diverso
ho fatto errori tremendi
ma non mi sono mai consolato
la vita non è una prova di formula uno
per guadagnare la prima griglia in partenza

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.24

dammi la tua mano
vivere una volta per tutte definitivamente

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.25

senza un fiato di vento il cielo ha buttato
un grido tremendo
un sole nero corre per le strade
io voglio provare i miei sentimenti come su una lastra di fuoco

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.26

ahi il cuore
piange piange adesso piange come un sasso che ha vita
chiamano contiamo i morti
la libertà è lì a terra ferita
non possiamo più dare
soltanto pietà
questa estate è finita

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.27

ma dammi la tua mano
io non mi rassegno non mi voglio rassegnare.


Roberto Roversi



(Questo testo fu pubblicato su "Paese Sera"
 il 6 agosto 1980, quattro giorni dopo la strage)

giovedì 1 agosto 2013

convergenze



A metà della larghezza a un terzo
dell'altezza – in perfetta proporzione aurea –
la mano accarezza il pube
e in quel triangolo d'ombra tutto converge

la luce oscura dei velluti la diagonale
dorata della carne l'inutile stanza
affacciata su un tramonto invisibile
– il ridicolo ronzio della vita –

e nient'altro dicono i suoi occhi neri
se non l'esilio la tenerezza crudele
dei capezzoli la pelle intangibile
il groppo morto dei desideri.