Berlusconi è il Messia. Punto e basta.
È questo il punto vero: la novità berlusconiana. Si tratta di un’antropologia eroica e drammatica che non ha precedenti in Italia, un Paese così omologato e burocratizzato da risultare sostanzialmente estraneo alla realtà moderna europea. Tanto che, per fornire la giusta chiave interpretativa, è necessario ricorrere a categorie di tipo filosofico e anche, perché no?, teologico.
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Berlusconi è il prototipo di una nuova umanità che sta cambiando pelle. Egli trasforma ogni evento apparentemente avverso in un’opportunità di successo. Che è poi il metodo del successo e della genialità: il genio usa la realtà, qualsiasi realtà, per creare ed espandere la sua libertà e lo spazio di libertà delle persone, cioè dell’intera società. Perché il genio è di per sé un vero capitale sociale.
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A un esame attento e rigoroso, la filosofia berlusconiana si rivela chiaramente una sorta di teologia laica o anche, per dirla in termini più moderni, una spiritualità pratica. Non è casuale la definizione della politica come una realtà sia sacra sia laica, fornita da Berlusconi nel discorso pronunciato durante la grande manifestazione di piazza San Giovanni, a Roma, il 2 dicembre 2006. Ecco allora che, in un simile contesto, espressioni che possono apparire legate a un immaginario da fiaba, come quella, celebre, «Ho il sole in tasca», risultano essere i prodromi della promessa di un paradiso a portata di mano, un universo di liberazione e di compimento dell’umano, un potente richiamo alla capacità di sognare, tipicamente presente nelle facoltà naturali dei bambini.
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Una trascendenza etica e spirituale, pragmatica e operativa, nell’immanenza della storia.
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(E non ridete: è una cosa seria. Serissima. Dico davvero).