martedì 7 giugno 2016

rileggendo Paz

Quando lessi per la prima volta "Pentothal", erano i primi anni Novanta (azzardo una data: 1992),  stavo per compiere diciott'anni e Pazienza era morto da poco, senza che io (nato e cresciuto nel paese suo e dei suoi genitori) l'avessi mai sentito nominare.
"Penthotal" (e anche "Zanardi", e "Sturiellett", e "Pompeo", e poi tutto il resto) mi sconvolsero. Per non parlare delle sue tavole originali, che vidi in mostra a San Severo. Abbaglianti, anzi direi umilianti per chi come me aveva qualche ambizione nel campo del disegno.

Ovviamente non avevo idea del contesto: non conoscevo la Bologna del Settantasette, mi sfuggivano i tre quarti delle allusioni contenute nelle tavole di Pazienza, molte delle quali fra l'altro riguardavano la sua vita privata, i suoi amici e conoscenti, e così via.
Però potrei recitare ancor oggi a memoria quasi tutti i dialoghi di quelle pagine, che mi colpirono con l'intensità possibile solo nell'adolescenza, quando tutte le impressioni sono tanto più forti in quanto non mediate.

Rileggo "Penthotal" oggi che: ho quarantun anni, so che cos'è successo a Bologna nel Settantasette, conosco abbastanza di Andrea Pazienza e della sua biografia da cogliere (quasi) tutti i riferimenti e posso filtrare parole e immagini attraverso una serie di mediazioni culturali che all'epoca non possedevo.
Però la forza di quelle tavole rimane assolutamente invariata.

2 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Pazienza era un ottimo disegnatore ma i suoi fumetti, a me che gli sono più vicino di generazione e che di certe cose ho fatto in tempo a conoscere de visu gli ultimi fuochi (diciamo così), è sempre parso molto limitato proprio dalla sua attualità, da quei riferimenti a luoghi, cose e persone che avranno forse avuto una qualche rilevanza ai tempi e di cui lui resta un testimone pittoresco, per chi vi sia interessato. In molte sue cose sentivo anche una letterarietà spuria, di non buonissimo odore.

Credo sia per questo che, a differenza di altri disegnatori forse di talento minore, fuori d'Italia Pazienza non è conosciuto.

sergio pasquandrea ha detto...

La forza di Pazienza sta nell'imprendibilità (la sua capacità di cambiare stile e segno da storia a storia, o addirittura nella stessa tavolta e nella stessa vignetta) e anche nella capacità di invenzione linguistica, che è intraducibile.
Poi, certo: Penthotal, Zanardi, sono personaggi difficilmente decifrabili al di fuori di quel contesto.
A me hanno sempre affascinato certe sue ultime opere: Zanardi medievale, Astarte, Un'estate, che lasciavano presagire una direzione diversa, più matura. Direzione che, ovviamente, non fece in tempo a prendere.