John Cheever, Il nuotatore, Fandango 2000 (49 pp., € 5,16)
Strano come John Cheever (1912-1982), ai suoi tempi annoverato tra i più grandi scrittori americani, sia oggi semidimenticato.
Il "New York Times", in una celebre recensione, lo definì "il Cechov d'America", affermando che in comune con il grande russo aveva "l'eleganza, il calore, lo humour, un occhio infallibile per le assurdità del mondo e i difetti e le debolezze del genere umano". Tutto vero, ma la cosa buffa è che Cheever non aveva mai letto Cechov in vita sua.
Questo volumetto raccoglie tre brevi racconti, di una dozzina di pagine ciascuno.
Il primo, "Il nuotatore", è uno dei più famosi di Cheever, e nel 1968 ne fu anche tratto un film con Burt Lancaster. All'inizio il protagonista Neddy Merrill, un uomo di mezza età, si trova a casa di amici, a una festa in piscina. E' una bella domenica mattina d'estate, Neddy è soddisfatto di sé e del mondo, e scommette che tornerà a casa sua, dall'altra parte della città, attraversando a nuoto tutte le piscine del vicinato. Il viaggio si trasformerà in una sorta di apologo metafisico sulla middle-class americana e sul mito del successo, di cui la piscina è simbolo. Che, detto così, suona un po' una palla, ma vi assicuro che il racconto è secco, essenziale: tredici pagine magistrali.
Nel secondo, "Una giornata qualsiasi", c'è una famiglia altoborghese in vacanza in campagna, e non succede niente, o quasi: marito e moglie vanno a vedere una vecchia fattoria in rovina (lei vuole comprarla, lui no), una tata assiste una bambina triste e antipatica, un giardiniere impreca contro la padrona, le domestiche chiacchierano e spettegolano, un uomo sistema una trappola per i procioni, e così via. Ma quel "niente" è pervaso da un senso di struggimento, da una solitudine assoluta, irredimibile.
Nel terzo, "Una radio straordinaria", la vita apparentemente perfetta di una giovane coppia newyorkese è sconvolta dall'acquisto di una radio che funziona, diciamo così, un po' troppo bene.
In conclusione: ora mi toccherà disseppellire Amore e la vita (The Wapshot Chronicles), primo romanzo di Cheever, acquistato secoli fa in una vecchia edizione Longanesi anni '50 e da allora mai aperto.
Del resto, ormai ho imparato che quando i libri chiamano, non c'è niente da fare.
domenica 12 settembre 2010
recensioni in pillole 66 - "il nuotatore"
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5 commenti:
grande lastra nell'architrave della letteratura americana del XX secolo.
concordo sulla chiamata dei libri, che se vuoi assomiglia molto alla chiamata dei pozzi, ne Il poema dei lunatici. una volta fui chiamato inspiegabilmente da un libro di poesie di Elio Pagliarani che sapevo essere un pessimo poeta (parere mio) e che infatti mi deluse. da allora, seppur cogitabondo davanti all'acquisto o alla dilezione, mi prostro al volere della carta... che poi è un tropismo come un altro... e letterario se vuoi, magico-realistico.
su john cheever, che non ho mai letto e che leggerò dopo questo post, volevo dire che negli states i giornali danno a tutti i loro scrittori del Checov d'America. il Guardian aveva definito così Raymond Carver. insomma o sono tutti Checov o sono tutti megalomani. fate vobis
sono tutti innamorati di checov, anche se magari non l'hanno mai letto (carver sì). che ne sappaimo, magari piace il nome ;)
domanda sergio, ma i racconti in base a quale criterio sono stati assemblati? lo dice nella prefazione?
credo che i racconti siano tratti dall'antologia "the stories of john cheever", che nel 1978 gli fece vincere il pulitzer.
la quarta di copertina dice (letteralmente) "è la prima tappa del viaggio, proposto da fandango, alla riscoperta di un maestro spesso inspiegabilmente dimenticato", quindi credo che fosse un po' un assaggio di una serie di pubblicazioni a venire (che poi, onestamente, non so se ci siano state o no).
anzi, mi correggo: in effetti fandango ha ripubblicato vari testi di cheever, negli ultimi 10 anni.
qui trovi una lista:
http://www.ibs.it/libri/cheever+john/libri+di+john+cheever.html
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