giovedì 9 luglio 2009

la carne


Una celebrazione dell'amore fisico, in tutta la sua gioia brutale. Un inno eversivo, un “make love, not war” ante litteram. Ben prima degli hippies, dei sessantottini, degli indiani metropolitani, dei situazionisti e dei no global. E anche con molto più stile.


Properzio, Elegie, II, 7

Gioia! Notte che fu tutta luce! E anche tu,
lettuccio che il piacere ha reso beato!
Quante ce ne siamo raccontate a luce accesa,
e poi, al buio, che battaglie!
Lottava con me a seno nudo
poi coperta dalla veste riposava.
Coi baci mi apriva gli occhi già vinti dal sonno:
“Così ti addormenti, sfaticato?”.
Quante volte ci siamo scambiati nell'abbraccio, quanti
baci ho posato sulle tue labbra!
Non si deve guastare l'amore brancolando al buio:
sono gli occhi, sàppilo, a guidare Venere.
Dicono che Paride si accese a vedere la Spartana nuda
alzarsi dal letto di Menelao,
nudo Endimione conquistò la sorella del Sole
e con lui giacque nuda la dea.
E se ti ostini a venire a letto vestita
ti ritroverai la veste a brandelli:
anzi, se l'ira mi farà andare oltre
mostrerai a tua madre i lividi sulle braccia.
Non hai ancora i seni cadenti a proibirti i giochi d'amore:
a questo bàdino quelle che han partorito.
Finché lo concede il destino, saziamoci gli occhi d'amore:
anche per te arriverà la notte senza più giorno.
Oh, se tu volessi una catena a stringerci per sempre,
che mai alcun giorno possa più sciogliere!
Prendi come esempio le colombe in amore,
maschio e femmina, una sola carne.
Sbaglia chi cerca la fine di un amore folle:
il vero amore non conosce misura.
L'aratore ingannerà la terra con false promesse
e il sole spingerà più veloci i cavalli neri
e i fiumi richiameranno le acque alla foce
e il pesce starà all'asciutto nel gorgo arido,
prima che io consoli altrove le mie pene:
suo sarò da vivo, suo da morto.
E se vorrà concedermi qualcuna di queste notti
anche un solo anno di vita sarà lungo.
Se poi me ne darà molte, in esse io sarò immortale:
chiunque in una notte può essere un dio.
Se tutti gli uomini volessero trascorrere così la vita,
giacendo con le membra spossate dal vino,
non ci sarebbe ferro crudele né nave da guerra,
né il mare d'Azio trascinerebbe le nostre ossa,
né Roma, assediata dai propri stessi trionfi,
si sarebbe stancata di sciogliere i capelli nel lutto.
Di me questo i posteri potranno lodare di sicuro:
i miei brindisi non offesero mai gli dei.
E finché hai luce, gusta i frutti della vita!
Se pure mi darai tutti i tuoi baci, saran sempre pochi.
E come i petali abbandonano le corolle inaridite,
e li vedi galleggiare sparsi nelle coppe,
così forse noi, che oggi ci gloriamo nell'amore,
domani saremo ostaggi del giorno fatale.

1 commento:

Paul Marana ha detto...

sono gli occhi, sappilo, a guidare Venere...chiunque in una notte può essere un dio!

grande Properzio, anche a scuola era uno dei miei preferiti, sarà che me ne piaceva il nome!