E' una Firma Famosa, una delle più famose nel giornalismo jazzistico italiano. Lo chiamerò dunque FF.
FF ha esordito in tempi nei quali la critica jazz era un'attività da pionieri e la sua infarinatura pasticciata poteva passare per competenza. Da quarant'anni capitalizza sul fatto di aver conosciuto e frequentato un vecchio maestro. Oggi è entrato a pieno titolo fra i "decani".
La prima volta che incrociai FF fu a un concerto di Umbria Jazz. Andò via dopo dieci minuti e l'indomani scrisse una recensione in cui sbagliò i titoli di tutti i pezzi.
Qualche giorno dopo lo rividi a un concerto di Uri Caine. Era seduto nella fila davanti a me e sparlava di Stefano Bollani perché, sosteneva, “dopo tanti anni che ci abbiamo messo noi per far capire che il jazz è una cosa seria, ti arriva questo qui a far tutte 'ste buffonate”. Quando uscì la sua recensione di Umbria Jazz, ritrovai la frase para para, ma era attribuita a “qualche vecchio appassionato”. Quando si dice il coraggio delle proprie idee.
Dopo il concerto, insieme a un altro paio di giornalisti facevo la fila per intervistare Uri Caine. Arrivò FF, ci passò davanti e, senza bussare, entrò nel camerino. Poi si voltò, vide le nostre facce costernate e ci fece: “Solo un momento, saluto Uri”. Stette dentro mezz'ora. Il giorno dopo uscì un'intervista su tre colonne.
Qualche mese dopo lo reincrociai a un concerto, sempre qui a Perugia. Era annunciata una cantante dal nome tedesco, del tutto sconosciuta. FF salì sul palco e la presentò, dicendo che questa cantante “seguiva una tendenza del jazz di oggi: quella di eseguire le musiche così come sono sullo spartito”. Risultò che la tizia, peraltro piuttosto belloccia, e accompagnata da un ottimo gruppo di jazz tradizionale, era una soprano lirica che non aveva la minima idea di che cosa fosse il jazz. Cantava gli standard come fossero la Traviata. Se volete figurarvi l'effetto, provate a immaginare la Callas che canta “Satisfaction”.
L'organizzatore del concerto mi confessò che la tizia era l'amante di FF.
Un amico mi raccontò di aver sentito una conferenza di FF, il quale aveva annunciato con gran pompa che avrebbe parlato delle “influenze operistiche in Armstrong”, con ascolti di assolo commentati. Risultò poi che aveva portato tutti i dischi sbagliati e non si poterono ascoltare gli assolo.
Dopo la conferenza, in pizzeria, FF parlò tutto il tempo del proprio coso. “No, non posso prendere la pizza con i peperoni, perché senno poi LUI non mi funziona”. “Perché sai, LUI ha la metà dei miei anni, ne ha trenta”. FF aveva passato già da un po' la settantina.
Su “L’Atalante” di Stefano Raimondi
1 giorno fa
2 commenti:
cattivissimo sto pezzo e divertente... immagino che ognuno di noi abbia nel cassetto il suo FF... io magari ci avrei provato con la cantante lirica... ma così, solo per fare dispetto a LUI... ;-)
ma che cassetto..io ho un'armadio..con dei cassetti
trasformista
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