Dalle fotografie, l'aveva immaginata
bassa di statura. Per via del volto, forse, con gli occhi grandi e le
labbra ampie, rigirate verso l'esterno come quelle dei neonati. E le
lentiggini, che chissà perché collegava sempre all'infanzia.
Quando la vide, scoprì che sì, il
viso era quello, ma tutto il resto non corrispondeva.
Le mani, innanzi tutto: lunghe,
disposte alla fine di braccia esili e diafane come quelle che a volte
si disegnano agli elfi sui libri per l'infanzia.
E il corpo, tanto alto e sottile da
risultare sbilanciato. Quando fece per stringerle la mano, mancò
poco che la proiettasse a terra in un'involontaria presa di judo. Era
soltanto, in realtà, la sperequazione delle masse, i suoi novanta
chili piantati sul terreno contro i cinquanta di lei, sospesi a
mezz'aria.
In tutto ciò, cosa c'entrava quel
viso? Era troppo piccolo, tutta la testa sembrava montata per errore
su un corpo non suo, e la voce ne usciva insicura, quasi si fosse
smarrita nel percorso tra i polmoni e la laringe.
Non servì nient'altro: ne fu subito
innamorato.
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