mercoledì 10 febbraio 2016

meditazione

Di questo centopiedi (Scutigera coleoptrata), fermo da sette minuti sul muro davanti a me, non mi inquieta tanto l'alienità della forma.
Certo, ci sono quelle lunghissime appendici ciliate che gli danno un aspetto da protozoo o da palpebra chiusa: le zampe insomma (non cento, ovviamente, direi una dozzina di paia), che si agitano inquiete, più per esplorare lo spazio che non per generare moto; c'è quel corpo a doppia simmetria bilaterale, a cui fatico ad assegnare un verso (quale la testa? quale la coda? presumo la testa sia quella da cui partono le antenne); c'è la superficie metamerica del dorso, di un arido color grigio-cenere striato di giallo sporco.
Ma ciò che davvero mi inquieta è la sua totale, spietata atelicità.
Prima era immobile, al centro di una parete bianca, ora si è avviato in linea retta, ha percorso circa dieci centimetri e si è fermato, in un punto altrettanto liscio e vuoto quanto quello da cui era partito. E rimane lì, con un'antenna che oscilla da destra a sinistra, in cerca di chissà che cosa, di un segnale da trasmettere, uno stimolo a reagire.

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