Di
questo centopiedi (Scutigera coleoptrata),
fermo da sette minuti sul muro davanti a me, non mi inquieta tanto
l'alienità della forma.
Certo, ci sono
quelle lunghissime appendici ciliate che gli danno un aspetto da
protozoo o da palpebra chiusa: le zampe insomma (non cento,
ovviamente, direi una dozzina di paia), che si agitano inquiete, più
per esplorare lo spazio che non per generare moto; c'è quel corpo a
doppia simmetria bilaterale, a cui fatico ad assegnare un verso
(quale la testa? quale la coda? presumo la testa sia quella da cui
partono le antenne); c'è la superficie metamerica del dorso, di un
arido color grigio-cenere striato di giallo sporco.
Ma ciò che davvero
mi inquieta è la sua totale, spietata atelicità.
Prima era immobile,
al centro di una parete bianca, ora si è avviato in linea retta, ha
percorso circa dieci centimetri e si è fermato, in un punto
altrettanto liscio e vuoto quanto quello da cui era partito. E rimane
lì, con un'antenna che oscilla da destra a sinistra, in cerca di
chissà che cosa, di un segnale da trasmettere, uno stimolo a
reagire.
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