giovedì 4 luglio 2013

tre poesie di Massimiliano Bardotti



Ho conosciuto Massimiliano Bardotti a un reading letterario. Purtroppo, arrivai tardi e non potei sentire la sua lettura (o meglio, il suo concerto, dato che unisce i suoi versi con la musica di Giacomo Lazzeri), ma certe volte le persone basta sentirle parlare. Poi ho letto le poesie di Massimiliano e ho visitato la sua pagina FaceBook (si chiama La minima parte).
Questo è quel che ci ho trovato.
Non faccio discorsi critici, che non sono nel mio stile. Dico solo che secondo me Massimiliano ha una sua voce, e per me già questo è tantissimo. Il resto, giudicatelo voi.

(P.S.: Massimiliano e Giacomo sono toscani, di Castelfiorentino; si esibiscono nella loro regione, ma non solo. Se vi capita, ascoltateli. Qui e qui qualche notizia su di loro).

* * *

Continuando a biascicare tristezze per le strade di Genova.
Lasciarsi passare addosso il sudore del tempo
lavanda di antenati sofferenti.
Questa estate è l’ultima tu hai detto.
Questa estate è l’ultima (non c’è) salvezza.
Domani ci guarderanno tornare da dove non siamo mai stati.
E saremo gli stranieri.
Con le nostre solitudini a buon mercato.
Con i nostri amori d’infanzia giù al paese.
Dove non torni dal mese in cui tua madre abortì felicità.
E Genova ci guarda che pare assente.
Ha questi occhi di fuliggine.
Cieca vita.
Non è innamorarsi hai detto
non è innamorarsi che fa l’amore.
E’ restare insieme alla grande rivoluzione di questo secolo.
E’ restare insieme.

* * *

Ci capiamo perché ci ignoriamo.
Questo abisso fra te e me.
La tua sconosciuta schiena di nei.
Il disarmo delle mie armi batteriologiche.
Ci venderanno al prossimo spot.
Saremo le star di un attempato reality.
Avremo il nostro quarto d’ora.
E saremo liberi di non scegliere nessuna via redentiva
per la restituzione dei giorni in affitto.
Dalla biblioteca l’ultima telefonata scordata:
devi ridare indietro la tua gioia su carta
serve a qualcun altro adesso.

* * *

C’è questa totale assenza di coraggio nei malati.
Hanno una volontà che ha nomi sbagliati all’anagrafe.
Non vogliono mica guarire.
Non vogliono mica morire.
Vogliono vivere così.
Malati per sempre.
Pensionati del dolore.
Che senza la febbre che infuoca le braci tocca poi lavorare.
Che senza la febbre che doma le braccia tocca poi stare al gioco.
La società non riconosce nessuna differenza.
O elimina o educa.


(nell'immagine: un quadro di Afro Basaldella)

Nessun commento: