"Definire il bello è facile: è ciò che fa disperare."
(Paul Valery)
Guardando il viso di E., riflettevo sul mistero della bellezza.
E. è un'amica. Anzi, vorrei essere più preciso: conoscerla è equivalso a un momento di autocoscienza. E. è per me quello che gli inglesi chiamano una kindred soul, un esatto duplicato spirituale, un Doppelgang benefico, con cui condivido personalità, gusti, interessi, tratti caratteriali. Insomma, un alter ego, soltanto racchiuso in un corpo femminile, e decisamente più bello.
Perché E. è una delle donne più belle che su cui io abbia mai posato gli occhi. Quando la conobbi, rimasi per parecchi minuti paralizzato a guardare il suo profilo, nient'altro che il suo profilo, finché mi resi conto che la cosa stava cominciando a risultare imbarazzante.
Ora, il fatto che E. sia bellissima non è la ragione per cui è mia amica; casomai il contrario, ma di questo parlerò dopo. E non posterò fotografie, non solo per ovvie ragioni di privacy, ma anche per un motivo più complesso. E. è una di quelle persone fortunate che in fotografia vengono sempre bene, ma nessuna immagine è in grado di rendere la particolare vibrazione che è l'essenza della sua bellezza: e invece è proprio di quella che voglio parlare.
Se analizzassi nel dettaglio il volto di E., potrei trovarvi una quantità di difetti. Il viso, guardato da una certa angolazione, fa una curva un po' spigolosa; la pelle degli zigomi è cosparsa di piccole efelidi, che in qualche punto si allargano in macchioline scure di forma irregolare; lungo il contorno delle guance, i capelli si prolungano in una leggera ombreggiatura.
(Gli occhi no, i suoi occhi sono impossibili da descrivere, grandissimi e scuri, con una qualità tenera, starei per dire soffice, che ha poco da spartire con la loro conformazione fisica e molto con qualcosa che emerge da un luogo profondo e nascosto, un luogo che in mancanza di un termine migliore denominerei anima).
Però il mistero della bellezza di E. sta nel modo, per me assolutamente indecifrabile, con cui ciascuna delle zone di discontinuità e di disarmonia va a fondersi in un'eleganza e una coesione di livello più alto, producendo un'aura diffusa, una velatura sottile, un rifrangersi e sfumarsi delle ombre che ho ritrovato solo in certi volti del Correggio o del Veronese. Ho sempre pensato che vi fosse una differenza sostanziale tra perfezione e bellezza, e guardando il viso di E. mi sembrava di averne trovato la prova.
Ma c'è qualcosa di più: non credo che E. sia pienamente consapevole della sua bellezza. O per dir meglio, l'avrà senz'altro sentito dire da tutti, ne avrà la nozione astratta, ma il linguaggio corporeo, che non mente, mi parla di una totale assenza di seduttività e di estroversione, del procedere di un corpo che non è mai totalmente in pace con sé stesso. L'implicita goffaggine, le traiettorie infantili che deviano certi suoi gesti, insomma la sua fragilità, la salvano dalla distanza, dal gelo, dalla sideralità della bellezza, e mi fanno provare per lei un affetto che non sarei in grado di rivolgere a una donna pienamente sicura di sé.
Forse la bellezza non deve mai incontrarsi con la sua vera immagine, non le si deve nemmeno avvicinare, ma deve restare sconosciuta, anche a sé stessa.
5 commenti:
che meravigliosa descrizione, secondo me è quella inconsapevolezza che rende la sua bellezza più preziosa
E' la nostra società a creare donne e uomini "siderali".
Dovremmo essere consapevoli di noi stessi, ma non altezzosi.
L' essere belli non equivale all' essere superiori, distaccati.
Chi è consapevole di sè e conserva la spontaneità, la naturalezza, è salvo.
E ancor più bello, perchè puro.
Grazie,
Sara
@amanda
che poi, non è affatto una persona indecisa, anzi è una ragazza molto intelligente e determinata.
però è di un perfezionismo estremo, che la porta a non essere mai soddisfatta di sé.
@sara
grazie a te per il commento.
basta farti le pippe, sù.
"su" senza accento, please.
triviale va bene, sgrammaticato proprio no.
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