martedì 11 settembre 2012

arte malata



Per il pubblico di massa, ma anche per l'intellettuale profano, la visita alle mostre d'arte contemporanea è da tempo un'esperienza insensata. C'è qualcosa di profondamente malato in queste sale piene di opere che si muovono in un universo mentale privo di rapporti col mondo della vita, replicando bizzarrie che potevano avere senso novanta o quarant'anni fa, durante la prima o la seconda ondata delle avanguardie novecentesche, ma che oggi sono tristi ripetizioni di esperimenti impossibili da ripetere. In Francia, da vent'anni a questa parte, le arti plastiche sono l'argomento di una polemica carsica che ben presto ha assunto implicazioni politiche, sia perché lo Stato francese ha copiosamente finanziato gli artisti, sia perché il rifiuto popolare ha preso forme brutalmente pratiche quando gli abitanti di alcune periferie degradate hanno cominciato a distruggere le sculture che, secondo gli amministratori locali, avrebbero dovuto ravvivare le strade e le piazze. Anche la letteratura conosce fenomeni simili, sia pure in forme meno violente e meno spettacolari. Mentre il romanzo conserva l'appoggio di un pubblico profano, il teatro e la poesia sono ormai dei giochi linguistici sempre più autoreferenziali: quando Tondelli sostiene che oggi i grandi poeti maledetti sono i cantanti rock, dà voce a un disegno storico condiviso dalla parte più colta del pubblico giovanile, che ignora i lirici contemporanei ma compra le edizioni economiche dei poeti consacrati, e associa tranquillamente la lettura di Rimbaud all'ascolto dei Red Hot Chili Peppers. Questo nuovo coro sociale, che spesso ha un livello di istruzione abbastanza elevato, non riconosce più quel confine tra cultura alta e cultura bassa che il canone umanistico tradizionale tracciava in modo netto, e possiede ormai il valore simbolico necesario a imporre nuovi valori. Al cambiamento nei rapporti di forza si aggiunge la metamorfosi che la canzone ha subito durante la seconda metà degli anni Sessanta, quando la musica leggera si è aperta alla sperimentazione ed è diventata il medium preferito dalla nuova cultura giovanile, invadendo il territorio della poesia. La generazione decisiva è quella di coloro che, nati durante la Seconda guerra mondiale, hanno avuto tra i venti e i trent'anni intorno al Sessantotto. E' probabile che i programmi scolastici e gli insegnamenti universitari del futuro riserveranno, ai cantanti di quel periodo, uno spazio più ampio di quello concesso ai poeti coetanei; del resto, mi sembra innegabile che, per la storia sociale della cultura, Seamus Heaney,  nato nel 1939, sia molto meno importante di John Lennon e Paul McCarthy, nati nel 1940 e nel 1942.

Guido Mazzoni, Sulla poesia moderna, Il Mulino 2005, pp. 230-231

Nessun commento: