Da parecchio tempo non prendevo gli autobus della mattina presto, quelli dove si incontra la gente più interessante.
L'altro giorno, sulla linea G delle 6:07, c'erano un pensionato dall'aria assente, una signora quarantenne con una bimba identica a lei, un ragazzo nero che si è alzato cortesemente per far posto a un'anziana, due giovani dall'aria slava che dormivano della grossa, uno accanto all'altro.
Poi, sull'ultima coppia di sedili, c'era una ragazza di colore, con una spettacolare pettinatura afro che non avrebbe sfigurato in qualche copertina di Sly Stone, orecchini di strass viola, rossetto lucido, leggings arancioni e scarpe da ginnastica celesti; aveva sulle spalle uno zaino da campeggiatrice e reggeva in mano un enorme scatolone sul quale era poggiato un iPod che ascoltava dondolando al ritmo della musica.
Accanto a lei, acciambellato sul sedile, un ragazzo dal forte accento sudamericano parlava al cellulare, a voce molto alta. “Sei la mia vita”, diceva, “è l'amore che ci dà la forza. Non si può vivere senza amore, e io non posso vivere senza di te, perché tu sei la mia anima, il mio spirito. È lo spirito che guida il corpo, ricordatelo, ma lo spirito si stanca, e allora bisogna chiedere aiuto al Signore. Ieri mi hai lasciato senza un bacio, e io ci ho pensato tutta stanotte. Non farlo più, amore mio”. Aveva il vivavoce attivato, e ogni tanto arrivavano le risposte della ragazza, ridotte però a un ronzio nel quale percepivo soltanto un tono serio, pragmatico, fatto di frasi secche e sbrigative.
giovedì 13 settembre 2012
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2 commenti:
io divoro mezzi pubblici a tutte le ore e su molte tratte e, odorama a parte, sono una grande palestra di vita, raccontano molto più sul cambiamento delle nostre città e della nostra società di quanto non faccia qualsiasi studio di sociologia.
Un vero istrione il ragazzo innamorato del tuo bus :)
bellissimo pezzo, sergio! :)
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