Elena Ferrante, L'amore molesto, e/o 2008 (prima ed. 1992) (178 pp., € 8)
Una volta tanto, mi ricordo dove e quando l'ho comprato: alla libreria della Stazione Termini, l'ultima volta che sono stato a Roma, nel novembre scorso. E anche perché: perché anni fa registrai dalla tv l'omonimo film di Mario Martone, su un vhs che poi non rividi più e che deve essere ancora lì a prender polvere nella casa in Puglia.
Solo dopo ho scoperto che di Elena Ferrante non si sa quasi nulla, che ha sempre rifiutato di comparire in pubblico e che molti sospettano sia un pseudonimo, forse addirittura di un uomo. Non che la cosa mi interessi più di tanto, comunque.
Questa, ad ogni modo, è la sua opera prima. La protagonista, Delia, è una donna di mezza età che, dopo molti anni, torna nella sua città natale, Napoli, per i funerali della madre, morta annegata in circostanze misteriose (suicida? uccisa?). Il ritorno costringerà Delia a fare i conti con un passato rimosso, fatto di violenze familiari, colpa e oppressione.
La scrittura della Ferrante affonda il bisturi in una materia psichica sgradevole, satura di antichi rancori e di ricordi irranciditi. Si focalizza su Delia, ne segue gli andirivieni della memoria, la progressiva presa di coscienza, man mano che si confronta con i traumi della propria infanzia, con una madre amata e odiata, un padre debole e tirannico, una famiglia devastata.
Il tutto in uno stile fermo, privo di patetismi, misurato anche nei momenti più intensi.
Sullo sfondo, una Napoli cupa, oppressiva, una “città senza colori” segnata dalla decadenza e dalla sopraffazione.
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2 commenti:
non lo leggerò mai. grazie per l'avvertimento :)
lieto di esserti stato utile...
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