Una delle cose che mi irrita di più nella critica sono gli aggettivi-tapis roulant: vale a dire quelle definizioni che vorrebbero veicolare in automatico un pacchetto di giudizi e valutazioni attraverso un'unica espressione linguistica, perlopiù un luogo comune o una frase fatta, risparmiando così al critico l'onere di trovarsi da sé le parole e di argomentare le proprie opinioni.
Una di queste espressioni è "algido": che in genere significa che una cosa, sì, è bella, elegante, formalmente perfetta, ma che si riduce sostanzialmente a un esercizio di stile privo d'anima.
Un film per il quale ho sentito spesso usare quest'espressione è "Tous les matins du monde", diretto nel 1991 da Alain Corneau e tratto da uno splendido, omonimo libro del 1987 di Pascal Quignard.
La trama, invero piuttosto esile, è incentrata sul rapporto tra due musicisti, entrambi realmente esistiti e vissuti tra il XVII e il XVIII secolo: Marin Marais (interpretato da Gérard Depardieu) e Monsieur de Sainte-Colombe (Jean-Pierre Marielle).
Entrambi furono maestri della viola da gamba, un meraviglioso strumento che stava a metà tra il violoncello e il contrabbasso e che cadde in disuso a partire dalla prima metà del Settecento (le ultime composizioni per viola da gamba le scrisse Bach, ma ai suoi tempi era già quasi un reperto archeologico).
Marin Marais, vissuto tra il 1656 e il 1728, fu un compositore di grande successo, per molto tempo attivo alla corte di Luigi XIV; di Monsieur de Sainte-Colombe, invece, non si sa quasi nulla: visse probabilmente tra il 1640 e il 1700 circa e fu considerato all'epoca il più grande esecutore di viola da gamba dei suoi tempi.
Probabilmente Marais fu allievo di Sainte-Colombe, ma il dato è dubbio, mancando i documenti. Libro e film ricamano sulle poche informazioni note, sviluppano il contrasto tra i due personaggi (Marais il musicista cortigiano, Sainte-Colombe il musicista-asceta, perso nella ricerca della perfezione), ma soprattutto cercano di ricreare, con le parole e con le immagini, le atmosfere dei quadri del Seicento: quelle ombre cariche di tenebra dalle quali le figure emergono con un rilievo abbacinante; i giochi di luce sui piatti di porcellana o sulle più umili verdure; l'amoroso studio dei riflessi su una brocca di vino rosso; la grana dei broccati e dei velluti.
"Film algido", si dice spesso. Ma, a parte il fatto che contribuì alla riscoperta della musica di Sainte-Colombe, e già non sarebbe un merito da poco, io ricordo che lo vidi al cinema quando uscì (avevo 16 anni) e ne rimasi folgorato, oltre che commosso fino alle lacrime.
E probabilmente nacque (anche) da lì la mia passione smodata per la musica barocca, passione alla quale ho cercato con scarso successo di iniziare mia moglie.
Tutto ciò nasce dal fatto che, per puro caso, ho scovato su YouTube qualche scena del film.
Questa che vi propongo ha per protagonista Sainte-Colombe che, dopo la morte dell'amatissima moglie, si è ritirato a vivere in una casa in mezzo ai boschi, con l'unica compagnia delle due giovani figlie. Mentre suona, da solo in una piccola capanna, la moglie gli appare (fantasma? allucinazione?), per poi svanire insieme alla musica.
E' per me un momento di pura poesia, rafforzato anziché indebolito dal preziosismo formale.
Le musiche sono eseguite dal grande Jordi Savall.
Buona visione e buon ascolto.
Su “L’Atalante” di Stefano Raimondi
18 ore fa
2 commenti:
è vero è una scena molto intensa...
sai che sei la seconda persona al mondo che io conosca ad amare la musica barocca? la prima si chiama giuseppe ed è quello che io definisco un amatore, cioè uno che spende la vita nella contemplazione del bello (davvero non fa altro) con una competenza spaventosa su tutto quello che riguarda l'arte ma fuori da circuiti universitari o accademici, una volta un antiquario di firenze ha provato ad assumerlo per il suo grande intuito nell'attribuzione delle opere, ma giu ha rifiutato perchè così non avrebbe potuto più spostarsi... è anche l'unica persona che io conosca che sia riuscita (con atti al limiti della legalità) a visitare tutte (tutte!) le chiese di napoli... ha circa 40 anni e secondo me è uno dei più grandi critici d'arte in assoluto, di quelli però che non scrivono libri...
Credo che anche mio padre ci sia andato vicino, a vedere tutte le chiese di Napoli (ha studiato li' per quasi 10 anni, tra laurea e specializzazione).
Ti confesso che fare l'amatore d'arte, senza impegni accademici, e passare la vita a contemplare il bello e' uno dei miei sogni. Purtroppo bisogna guadagnarsi il pane (e io tengo pure famiglia)...
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