All'Espresso in edicola questa settimana è allegato il primo volume della "Grande storia del jazz".
Nell'ultimo paio d'anni Espresso e Repubblica hanno distribuito parecchio jazz, quasi sempre dischi di buona o ottima qualità, anche se non esenti da difetti (tanto per dire il più macroscopico, i nomi erano sempre quelli: quelli del solito giro, intendo, e chi bazzica un po' il jazz capisce a che cosa alludo).
Stavolta si tratta di una serie di 12 volumi, ognuno consistente in un cd e un dvd con libretto allegato, al prezzo di 9,90 € (più il prezzo della rivista).
Il cd contiene brani arcinoti (West End Blues di Armstrong, Maple Leaf Rag di Joplin, King Porter Stomp di Morton, eccetera), e quindi probabilmente già presenti nella discoteca di qualunque appassionato, ma può essere un buon inizio per chi si avvicini a questa musica per la prima volta; il libretto è preciso ma molto sintetico.
Quel che vale il prezzo dell'acquisto è il dvd, tratto dal documentario "Il jazz: istruzioni per l'uso", realizzato dalla regista Elena Somarè con la collaborazione di Massimo Nunzi, trombettista, arrangiatore, compositore, direttore d'orchestra tra i migliori in Italia, ma anche ottimo didatta, che da anni tiene corsi di storia del jazz e guida all'ascolto.
Il dvd ha un taglio divulgativo ma per niente superficiale e si avvale della collaborazione di musicisti (Pieranunzi, Fresu, Mirabassi, Rava, Di Battista, Rea, Trovesi...) e di critici e musicologi di indiscusso valore (Luigi Onori, Marcello Piras, Gianfranco Salvatore, Maurizio Franco...), con testimonianze anche di appassionati illustri come Stefano Benni, Pupi Avati, Remo Remotti o Valentino Zeichen.
Alterna spiegazioni storiche, immagini riprese nei luoghi originali (New York, New Orleans), interviste agli artisti e ai critici.
Insomma, da questo primo volume sembra davvero un prodotto di ottimo livello.
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5 commenti:
Devo dire che dissento completamente.
Ho comprato il primo volume nonostante qualche dubbio, e - visto il titolo - con la non irragionevole aspettativa di trovarmi di fronte ad una storia del jazz. I titoli dei capitoli in cui è suddiviso il DVD sembravano avvalorare questa interpretazione, così come i brani sul CD (Louis Armstrong con gli Hot 5 e 7, Fats Waller, Bessie Smith) per qunto un po' fuori carattere rispetto al periodo trattato, cioè le origini.
Niente di tutto ciò. Il DVD è un confuso affastellamento - condotto da Marco Nunzi - di dichiarazioni sul jazz di musicisti italiani - jazz ma anche no - che sembrano raccolte al bar alla fine di una serata di abbondanti libagioni.
Alcui momenti memorabili: Ballista che ricorda che il ragtime era "suonato nei saloon, da un pianista che stava sotto un cartello con scritto 'Non sparate sul pianista.' "; Pieranunzi che per rispondere alla fondamentale domanda "Esiste l'improvvisazione?" suona prima un po' di una suite di Bach, poi una sua parafrasi (invero scarsa) e conclude dicendo "Come vedi, l'improvvisazione è dappertutto" (e lo spettatore si augura avesse risposto "No"); il bluesman Ciotti che dice che "i neri erano esposti al blues, agli spirituals, ai gospels....la Motown viene dal gospel. Invece quelli del blues erano i ribelli".
Non solo i convenuti (o forse solo gli autori del documentario) sono evidentemente incapaci di imbastire un qualsiasi discorso storico coerente, sono anche incapaci di imbastire un discorso dotato di qualche organicità.
Aggiungo che gli unici artisti di colore interpellati sono alcuni componenti di un gruppo di percussioni africane guidato da un italiano. Tutti gli altri sono bianchi, italiani e dotati di accento centromeridionale (non che questo abbia un significato particolare, tranne fare sospettare che gravitino tutti attorno alla Casa del Jazz a Roma). Alla fine della visione si resta con la vaga impressione che il Jazz non sarebbe nato senza gli immigrati italiani (La Rocca, Roppolo et al.) e il contributo della Banda di Otricoli - Tn (da cui un bisnonno di Nunzi emigrò negli USA). D'altronde, dice uno nel DVD, il jazz è una Musica Latino Americana.
La relazione tra il contenuto del DVD e quello del CD (salvo una comparsata di Bessie Smith in un film dell'epoca) è un mistero.
Non basta: il CD (intitolato "Armstong e le origini"):
i) non è in ordine cronologico
ii) contiene un brano del 1917 (Tiger Rag della ODJB) e tutto il resto è inciso dopo il 1927 (un brano è addirittura del 1955)
iii) Non sempre riporta la composizione della band, mai mese e giorno dell'incisione, a volte neanche l'anno (per cui sembra che Ma Rainey abbia inciso da morta, nel 1992 - anno del copyright).
Dall' anteorima contentuta nei contenuti speciali, l'andazzo dei prossimi volumi pare sarà lo stesso.
Il mio consiglio: se avete bisogno di una storia del Jazz, rivolgetevi a Polillo o (se siete dei musicisti) ai libri di Schuller. Questo è un promo mal fatto.
Il mondo è bello perché è vario...
Scherzi a parte, devo ancora finire di guardare il dvd (sono arrivato a un terzo circa), però non mi sentirei di stroncarlo in maniera così drastica.
Qualche appunto sparso: il contributo degli italoamericani al jazz delle origini è stato davvero rilevante, e bastano a dimostrarlo nomi come LaRocca, Eddie Lang o Leon Roppolo. Musicologi e critici come Zenni, Mazzoletti o lo stesso Piras stanno lavorando da anni in questo senso.
Quanto al jazz come "musica latinoamericana", è una definizione tutt'altro che sballata, e Marcello Piras, che pronuncia quel giudizio, ha solide basi per affermarlo, dato che studia da oltre vent'anni il jazz nel contesto delle altre musiche afroamericane. Peccato che abbia pubblicato poco o niente, e che quindi i suoi studi abbiano poca eco.
Polillo è un ottimo testo e rimane un riferimento fondamentale, specialmente per i non specialisti, ma per molti versi la sua prospettiva sul jazz è ormai un po' superata. Schuller è splendido per le analisi musicali (in certi casi assolutamente geniale), ma ha il limite di ignorare del tutto il contesto storico e sociale e di presentare la musica come se si fosse sviluppata da sé, in un limbo a-storico.
Quanto alle dichiarazioni di Pieranunzi, Ballista e Ciotti, non ci sono ancora arrivato. Ti farò sapere quando le avrò viste.
Il problema di base è che nessuna di queste affermazioni (musica Latino-Americana; ruolo degli italo-americani; etc.) viene in minima parte motivata. Sono enunciazioni che vengono lasciate lì come se fosser autoevidenti (e, come minimo, non lo sono).
Nello stesso tempo, il ruolo degli afroamericani viene rappresentato da una drum band africana e dalla notizia che la musica africana è poliritmica. Roba da fare venire l'orticaria a LeRoi Jones.
E per parlare di limbo astorico, devono arrivare gli ultimi quindici minuti del DVD prima che venga detta una data (1917, Livery Stable Blues). Fino a quel punto si è andati avanti a forza di "a quel tempo", "all'inizio del XX secolo".
Sono convinto che Piras (che mi pare sia anche il curatore dei libri di Schuller) e molti dei convocati sapiano fare di meglio. Il non averlo fatto mi pare un'occasione mancata.
Senza nulla togliere alla varietà del mondo, beninteso :-)
Sì, Piras è il curatore dei libri di Schuller, ma ha anche collaborato per anni a Musica Jazz (quando ancora valeva la pena di leggerla) e ha pubblicato un bellissimo libro su Coltrane per Stampa Alternativa.
Secondo me è uno dei musicologi più geniali e originali che abbiamo in Italia (e non solo), ha una cultura musicale immensa, però è anche una persona dal carattere abbastanza "particolare", se vogliamo usare un'eufemismo.
Fra l'altro pubblica pochissimo e, vivendo da anni in Messico, torna raramente in Italia.
Assolutamente d'accordo con ALF. Definire 'storia del jazz' quest'accozzaglia di luoghi comuni, frasi fatte e palesi fesserie, è insultante per l'intelligenza umana. va bene la divulgazione, ma che senso ha un'opera del genere? se cercate una storia del jazz esaustiva in formato 'multimediale' (di pubblicazioni cartacee accessibili a tutti ce ne sono in giro parecchie, dal sempreverde Polillo, al recentemente ripubblicato Ted Gioia, passando x lo Shipton, o il volume interdisciplinare di Zenni) consiglio questo interessante podcast gratuito che, seppur condito da considerazioni personalistiche spesso opinabili, ha l'indubbio pregio di essere coerente e sufficientemente esaustivo, fornendo un quadro d'insieme piuttosto nitido:http://www.110.unito.it/?pubblica=podcast&id_programma=50
in alternativa, più breve e più datato: https://www.youtube.com/watch?v=LwR77z6O8IQ&list=PLbpEsXc9j4hqzMLV82-_yx7C5zpTeqD-K il resoconto storico di Polillo, realizzato all'epoca dell'uscita del celeberrimo manuale. La fraseologia a volte lascia un po' perplessi, ma è comunque un must.
Se vi piacciono le romanticizzazioni, poi, imperdibile il magnum opus di Ken Burns in 10 puntate, facilmente reperibile in rete (sapete voi come..... Magniloquente, ambizioso, trascinante, ha il grave difetto di mescolare spesso la Storia con la leggenda, ma in modo così tipicamente americano da risultare accattivante comunque
Per approfondire, poi, a mio parere sono imprescindibili le 'Lezioni di Jazz' di Zenni, grande musicologo ma eccellente divulgatore (altro che Nunzi, regà...) tenute all'ADM di Roma e scaricabili gratis qui http://www.auditorium.com/podcasts/elenco
utili anche gli 'ascolti ragionati' proposti in 'Body & Soul' dal 2010, tutte le estati, su radio 3: un primo ciclo traccia una rudimentale linea storica (conduzioni di Sessa, Zenni, e Boccadoro); il secondo (condotto interamente da Sessa ) è trasversalmente tematico (e purtroppo troncato nel riascolto per ragioni di diritti su brani Blue Note, in alcune puntate) e gli ultimi due presentano una galleria di ritratti di grandi del jazz riscoperti tramite ascolti di loro brabi più o meno famosi (Sessa e Zenni). Una quinta edizione sta per tornare in onda a partire dal 5 luglio, fino a metà settembre. qui tutti gli episodi: http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/Programmi/Page-8e6c0a3e-f82a-4b5a-bd0c-4a254ac47730.html?refresh_ce#
salve a tutti
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