giovedì 7 gennaio 2016

darwiniana

Quando ripassammo, dopo un'ora e mezza abbondante, la testuggine era ancora sulla soglia.
Non mi pare ci fosse un qualche particolare ostacolo a bloccarla. Si era solo fermata lì, con la testa già fuori e il didietro nell'aria calda e umida. Stava pensando? E se sì, a cosa?
C'erano parecchi cespi di insalata a pochi metri da lei, alcune compagne le stavano già mangiando (dico “compagne” per automatismo linguistico, potevano benissimo essere maschi per quanto ne so). Lei occupava tutta la soglia, impedendo l'uscita ad altre due o tre che erano ancora dentro. Nessuno sembrava protestare.
Dimenticavo di dire che erano testuggini giganti delle Galapagos (Chelonoidis niger), quelle che a quanto pare possono vivere fino a centocinquanta, duecento anni. Quanti ne avesse quel particolare esemplare, non so, ma capisco come, dalla sua prospettiva, un'ora di riflessione sulla soglia potesse parere un tempo congruo.
Leggo che queste tartarughe sono capaci di nuotare per galleggiamento passivo, elevando il lungo collo sulle onde a mo' di periscopio, e che sopravvivono anche per mesi senza cibo e senz'acqua. Sui loro gusci crescono i licheni. Il loro accoppiamento è lento e macchinoso. Sono immutate da decine, forse centinaia di milioni di anni. Ad ogni modo, le avevo già identificate come placidi gimnosofisti, che si lasciano piovere addosso e scottare dal solleone e mangiare dalle pulci senza abbandonare la pietra dove hanno scelto di meditare.
Poi ho letto anche che esiste una specie indigena di passeri addetta a pulir loro la pelle, e a volte una tartaruga lascia che uno di quegli uccelli le vada sotto, poi si abbassa di colpo, lo schiaccia e lo mangia.

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