Giorgio
Rimondi, Nerosubianco. Fenomenologia dell'immaginario jazzistico,
Arcana Jazz, 2015 (144 pp., € 16,50)
Il
jazz è una miniera di storie. Ed è anche una musica che ha sempre
avuto uno stretto rapporto con l'immagine, quella fotografica in
particolare.
Giorgio
Rimondi, in questo libro, incrocia le due dimensioni: partendo da
dieci fotografie, racconta delle storie. Storie vere, ovviamente,
perché si tratta di un libro di saggistica non di narrativa (di
narrativa e di poesia jazz, comunque, Rimondi si è già occupato
in passato); ma chi scrive è sempre stato convinto che la miglior
saggistica deve potersi leggere come si legge la narrativa. Deve
avere una storia da raccontare.
Le
immagini di partenza sono le più varie: l'unico ritratto noto
dell'orchestra di Buddy Bolden, le celebri foto scattate da J.E.J.
Bellocq alle prostitute che lavoravano nei bordelli di New Orleans,
un fotomontaggio della triestina Wanda Wulz (pioniera italiana della
fotografia), Cole Porter in vacanza a Venezia, Frank Sinatra in jam
session con Nat King Cole, un malinconico Billy Strayhorn a colloquio
con un pesce rosso, Jack Kerouac e la sua macchina da scrivere,
Thelonious Monk addormentato, un tenero Miles Davis adolescente,
Ornette Coleman al lavoro con la band nel suo loft newyorkese. Sono le occasioni per
lanciare sul jazz sguardi obliqui e affascinanti.
Fatemi
finire con una noterella personale: considero questo libro la bella
copia – ossia: la versione riuscita – di ciò che ho tentato di
fare io con il mio Volevo essere Bill Evans.
E quindi leggerlo mi ha provocato un piacere misto all'invidia.
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