Il brigante di Tacca del Lupo (Italia, 1952), di Pietro Germi. Con Amedeo Nazzari, Cosetta Greco, Saro Urzì (b/n, 93 minuti)
Anche noi abbiamo avuto il nostro Far
West. Fu la lotta al brigantaggio.
E il paragone non sembri azzardato,
perché le montagne lucane e calabresi non erano, nel 1860, meno
selvagge delle praterie americane, e i contadini meridionali subirono
un trattamento non meno duro di quello delle tribù pellirossa (si
cerchino su Google i nomi di Pontelandolfo e Casalduni, per averne
un'idea). Solo che gli americani hanno – più o meno – fatto pace
con Sioux e Cheyenne, o almeno con quel poco che ne resta, mentre in
Italia il Sud rimane una piaga suppurata.
Tutto ciò per dire che questo film di
Pietro Germi comincia con una rappresentazione tutto sommato
abbastanza verosimile di quelle che erano le condizioni del Meridione
subito dopo l'Unità. Il duro e inflessibile capitano Giordani (un
granitico Amedeo Nazzari) arriva in un paesello della Basilicata per
prendere il comando di un reggimento di bersaglieri, deciso a dare la
caccia e a catturare l'imprendibile brigante Raffa-Raffa. Si dovrà
scontrare con l'ostilità della popolazione locale, ben poco disposta
a dare man forte ai “piemontesi”. Persino il commissario di polizia inviato da Foggia per indagare è una figura ambigua, sfuggente, in odore di doppio gioco. E c'è pure il personaggio di un ex-ufficiale borbonico passato tra i briganti, a rappresentare quell'istanza legittimista che fu una componente importante del brigantaggio.
Per tutta la prima parte, ci sono scene anche di una certa crudezza, tra cui la fucilazione
sommaria di alcuni contadini accusati di aver collaborato con i
ribelli. Poi si cambia marcia, e il film si rivela per quel che è:
un western, con i bersaglieri al posto del Settimo Cavalleria, Nazzari al posto di John Wayne e i
briganti al posto degli Apache (che, ricordiamocelo, a quest'epoca
erano ancora i cattivi, senza troppe remore morali).
Dopo vicissitudini che non sto a
riassumere, la situazione si risolve grazie a una sottotrama
passionale: la bella contadina Zita Maria, violentata da Raffa-Raffa,
verrà vendicata dal marito Carmine, che per questo accetterà di collaborare
con i bersaglieri, rivelando loro il nascondiglio dei briganti. Una
piccola pattuglia, con Giordani al comando, raggiunge il covo, ma viene scoperta e assediata e sta per soccombere; sul più
bello, come di prammatica, arriveranno i nostri.
Finale consolatorio, con Raffa-Raffa ucciso in duello da Carmine, i due sposi
riuniti e tutta la popolazione del paese poco plausibilmente
impegnata a fraternizzare con i soldati, i quali da parte loro concedono l'onore delle armi al nemico sconfitto.
Peccato, perché poteva
essere una bella occasione. Ma si vede che i tempi non erano maturi
(del resto, c'è da chiedere se lo siano persino ora).
(Il film, comunque, ha un ritmo svelto e incalzante e si lascia guardare volentieri. Nella sceneggiatura, spicca la mano di un giovane Federico Fellini.)
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