Francesco Tomada, Portarsi avanti con
gli addii (Raffaelli Editore, 2014); 96 pp., 12 €
Il terreno su cui si muovono i versi di
Francesco Tomada è quello, periglioso, della massima semplicità.
Il lessico che adopera è quotidiano,
l'andamento è discorsivo, la struttura retorica – pure presente –
è mascherata sotto la superficie di una lingua che si tiene stretta
a un tono medio, discorsivo, che disegna situazioni di dimessa, quasi
rassegnata quotidianità.“Periglioso”, questo
territorio lo è in due sensi: primo, perché il limite tra
semplicità e banalità è sottilissimo e il rischio di trapassare
dall'una all'altra è alto; secondo, perché uno stile che rinuncia
in modo così rigoroso a tutti gli effetti più plateali può
facilmente passare per trascurato.
Ora, quel che posso dire è che i versi
di Tomada, alla mia sensibilità di lettore, parlano. E lo fanno
perché è evidente che l'autore sa benissimo dove vuole andare e
come arrivarci.
"Portarsi avanti con gli addi" è un testo smilzo (una cinquantina di testi) ma intenso. Le sue pagine sono tutte percorse dal senso della perdita e dell'abbandono, tanto più intensi quanto maggiore è il riserbo e la sincerità (non sembri un ossimoro) con cui viene espresso. Ma la materia non è solo privata, perché questa poesia è fortemente radicata nel paesaggio natale dell'autore, un Friuli terra di frontiera, dove l'identità italiana si mescola con quelle slave e mitteleuropee.
Completano il libro dei bei disegni al tratto di Anton Špacapan Vončina e una postfazione di Fabio Franzin, che è in realtà un corposo saggio di una ventina di pagine.
"Portarsi avanti con gli addi" è un testo smilzo (una cinquantina di testi) ma intenso. Le sue pagine sono tutte percorse dal senso della perdita e dell'abbandono, tanto più intensi quanto maggiore è il riserbo e la sincerità (non sembri un ossimoro) con cui viene espresso. Ma la materia non è solo privata, perché questa poesia è fortemente radicata nel paesaggio natale dell'autore, un Friuli terra di frontiera, dove l'identità italiana si mescola con quelle slave e mitteleuropee.
Completano il libro dei bei disegni al tratto di Anton Špacapan Vončina e una postfazione di Fabio Franzin, che è in realtà un corposo saggio di una ventina di pagine.
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