mercoledì 7 maggio 2014

il ritorno dell'orso - esercizio di traduzione (4/seconda parte)



(le puntate precedenti: 1, 2, 3, 4.1)

Poi arrivò il giorno. Uomo fin troppo fornito di talenti sviluppati a metà, Jones aveva sempre strimpellato uno o due strumenti, e una volta tirò fuori il suo vecchio clarinetto metallico e lo suonò con insistenza per uno o due pomeriggi all'orso in via di sviluppo. Suonò un po' di Sousa, una specie di blues, un quasi-klezmer, un'impressione di musica da danza del ventre, un sacco di spizzichi di questo e di quello che conosceva. Forse ti posso insegnare a ballare, gli disse. Suono piuttosto bene, vero? Nonostante qualche occasionale fischio e squittio? L'ancia è una rottura di palle da controllare certe volte. Forse è questo che possiamo fare noi due da grandi. Io suonerò, tu ballerai, ci guadagneremo il pane e ce ne andremo in pensione in campagna come due gran signori. Che ne dici? So che sembra uno scherzo, ma come sarebbe se fosse un vero progetto di vita? Pensi che potrei insegnarti a suonare con me? Perché, amico, sono stufo di servire ai tavoli. Te lo dico, orso, io ho un cuore da artista. L'ho sempre avuto. Jones suonò un altro mozzicone di brano sul clarinetto e terminò il fraseggio su un acuto interrogativo. Che ne pensi? Che ne pensi davvero?
Il cucciolo d'orso si alzò sulle zampe posteriori, barcollò fino a Jones, gli strappò lo strumento dalle mani e disse, “Penso che se devo sentirti torturare questo povero oggetto per altri cinque minuti finisce che impazzisco”.
Jones boccheggiò e fu sul punto di cadere. “Acc”, disse.
“Vuoi dirmi che non l'avevi mai capito?”, gli chiese l'Orso, esaminando tranquillamente l'ancia del clarinetto.
“C'erano stati degli indizi”, fu tutto ciò che Jones riuscì a dire con la gola strozzata. Era la conversazione più strana che avesse mai avuto, e non sapeva quale tono adottare. La civile indignazione chiaramente non stava funzionando. Rimescolò il suo mazzo di ruoli e di voci e non trovò una carta da giocare. “Indizi”, ripetè in una voce che riconobbe a malapena come la sua.
“Già”, disse l'Orso. “Ne ho seminati un po' per te ma tu sembravi un tantino, ehm, tardo a coglierli”.
“Un tantino cosa?” disse Jones, sbalordito per l'insulto, l'offesa, l'affronto alla sua...
So che è un grosso salto concettuale e così via ma pensavo che tu fossi un po', come dire, duro di comprendonio, e stavo per lasciar perdere. Voglio dire, forse non eri all'altezza”.
Oh grazie mille”.
Ma il clarinetto è stata l'ultima goccia”, disse l'Orso. “Dovevi essere fermato. Ed eccoci qui, felici e contenti”, parafrasò uno dei dischi di Lord Buckley di Jones, rifacendone la voce, “vero o no?
C-che cosa sei tu?”, protestò assurdamente Jones, con la mano che gli fluttuava alla fine di un ridicolo braccio. “Una specie di esperto di clarinetti?”
Esperto sarebbe una parola troppo forte”, disse l'Orso. Si inumidì l'estremità del grugno, poi suonò le battute iniziali del clarinetto nel quintetto K.581 di Mozart, fino al primo arpeggio, con il ritmo sottolineato graziosamente e il respiro ben controllato ma con qualche incoerenza nella produzione sonora fra i diversi registri dello strumento: Mozart non era semplice come sembrava. Alla fine dell'arpeggio proseguì con “Au Privave” di Charlie Parker e improvvisò due giri niente male prima di abbassare il clarinetto dalle labbra distese color nero e porpora. “Quando tu esci a fare il cameriere sposto il divano e strappo le tende per dare un tocco di realismo. Ma per la maggior parte del tempo leggo libri o mi esercito sullo strumento. Preferirei un sax, sai. Probabilmente un contralto sarebbe più adatto a me, ma è difficile dirlo senza provarne uno”.
Ti sei esercitato mentre io ero fuori”, riuscì a dire coerentemente Jones con la sua voce.
Te l'ho appena detto”.
Mi sa che ho bisogno di un drink”, disse Jones.
Siediti e te ne preparo uno. C'è rimasto abbastanza scotch per farne uno secco. Il solito mezzo cubetto di ghiaccio e uno spruzzo di soda? Il whisky è già annacquato. Ogni tanto ne prendo un po' e rimetto la differenza dal rubinetto. Non mi sembra che tu ne sia mai accorto. Non sei un grande intenditore, a quanto pare. Sei sicuro di volere un drink? Non hai una costituzione molto forte e questa roba non va bene per te”.
Non molto più di un cucciolo, aveva pensato di dire Jones ma rimase in silenzio, e già questa cazzo di arroganza.
Guarda”, disse l'Orso quando tornò con il drink, come se avesse letto nel pensiero di Jones, “se non mi piacessi non starei a parlare con te, per prima cosa. Anch'io sono nervoso al riguardo. Sto cercando di compensare un po' troppo. Non sono tanto sicuro di me come sembro. Anche per me è un grosso salto. Una rottura delle tradizioni familiari. Voglio dire, è ovvio che dal punto di vista pratico sei un cazzo di casino, ma hai un cuore buono, ed è a questo che reagisco”.
Io ti piaccio?”
Perché non dovrei? Sei uno dei pochi veri gentiluomini nella razza umana”.
Lo sono?”
Fidati. Per generazioni la mia gente ha conosciuto ogni sorta di crudeltà umana. Tu non sei uno di Loro. Sei un brav'uomo. Non faresti male a una mosca".
Sono un brav'uomo”, ripetè Jones in una sorta di stupore.
Bevici sopra e abituati all'idea. Adesso sei L'Uomo Che Possiede Un Orso Parlante”.
Possedere? Come potrei mai possederti?”
Come volevasi dimostrare”, gli disse l'Orso, “ma la tua vita è comunque decisa. Perciò dimmi, che cosa facciamo adesso?”
Jones si sveglio anni dopo sul divano, guardando il libro non letto sul grembo. Che libro è questo? Perché sento così potentemente il tuo odore oggi? Mi sono già seduto su questo divano. Sei ancora da qualche parte lì fuori? È possibile che tu sia ancora vivo? È possibile che tu stia cercando di dirmi qualcosa?
Signore benedetto, si rese conto, sono in ritardo per il lavoro.


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