Jones si strofinò con l'asciugamano, ma nuove gocce di sudore gli spuntarono sulla fronte: più tardi, lo sapeva, sarebbero gocciolate giù e l'avrebbero accecato. Che senso c'era in un qualsiasi sforzo, un qualsiasi movimento, una qualsiasi flebile contrazione della volontà? Jones sentì la complessa geometria della sua depressione venirgli incontro, la gabbia invisibile che lo teneva a pattugliare la sua porzione d'aria sotto quale segreto comando? Ammiccò alla sua immagine nello specchio e la sua faccia gli restituì lo sguardo, anonima e di aspetto non molto sano nel vetro. Una faccia di troppo al mondo, pensò. Una faccia che ben presto avrebbe potuto non vedere. Colui che fece la mosca fece anche te?
Doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi
per il lavoro al bar e Johnny Coles gli avrebbe fatto passare una di
quelle sue giornatine pesanti tutte speciali. Doveva darsi una mossa.
Ma si ritrovò ancora stravaccato sul
divano oggi così fragrante di Orso, lo stesso libro non letto aperto
in grembo. Jones ricordò il suo cucciolo d'orso di tanti anni
prima che sedeva sul pavimento mentre un disco suonava, le spalle
arrotondate da quella che sembrava quasi concentrazione umana come
se, Jones pensava allora, quella cosa si stesso dando la stessa forma
della musica. Anche prima che avesse un qualunque accenno
dell'intelligenza che risiedeva lì, Jones poteva quasi sentire il
cucciolo che attirava dentro sé la musica, la tonda forma a palla di
pelo immobile o dondolante intensamente di fronte agli amplificatori,
gli occhi fuori fuoco o fissi su un punto qualsiasi del pavimento
mentre Coltrane si bruciava la strada verso Dio su un blues minore o
Ornette sollevava il sassofono e secoli di prigionia cognitiva
cadevano in polvere senza nessun particolare dramma. Jones era solito
testare i gusti della sua nuova bestiola con dischi diversi. Sembrava
amare molto Bach e Bird – c'era in lui quella bizzarra quiete,
prendeva quel buffo sguardo verso altrove negli occchi – ma
mettigli un qualche Mantovani sul piatto e la cosa lasciava il
salotto avanzando goffamente sulle quattro zampe. Passa a Mozart o
Sonny Rollins e tornava sul tappeto di fronte allo stereo, ad
ascoltare guardandosi il retro delle zampe nella luce del sole che
pioveva dalle finestre, oppure schiaffeggiava placidamente i granelli
di polvere dorati e li guardava roteare nei raggi declinanti del
giorno.
Più carino di un cane e forse anche un
po' più sveglio, pensava Jones a quei tempi, e non è strana
l'esattezza con la quale sembra capire quel che gli dico? Anche se, è
vero, a volte, e di solito perversamente, non capiva. Ma che me ne
farò di lui quando diventerà più grosso? Non puoi tenere un orso
adulto in un appartamento di New York. Dovrò farlo sopprimere con
una puntura dal veterinario o regalarlo allo zoo. Jones odiava
ammetterlo: nell'isolamento della sua vita a quei tempi, il cucciolo
d'orso era diventato il suo amico più intimo. Gli parlava, si
confidava, gli raccontava tutto. Un'assurda simbiosi si era
sviluppata tra loro; sentiva che era tutto a posto ma pensava che
fosse tutto sbagliato. Di notte, notando la particolare stupidità
della sua caduta, Jones teneva lunghe conversazioni monologiche con il
cucciolo, e qualche volta lui sembrava accennare un sì a qualche
punto saliente, o esprimere tacitamente una sfumatura di simpatia con
una comprensiva zampata sopra il ginocchio.
So che sono un fallito, gli diceva
Jones, ma c'è rimasto qualcosa di buono in me? Il cucciolo gli dava
una pacca consolatoria. Era un'idiozia. Poi, se diceva, Dai, tu mi
capisci davvero, la cosa sbavava dall'angolo della bocca e cominciava
a rosicchiargli la punta delle pantofole.
Metteva il cucciolo al guinzaglio e lo
portava fuori nelle sue passeggiate per il quartiere, e incontrava un
sacco di belle ragazze in quel modo. È davvero quel che penso che
sia? Ma mi prendi in giro! Davvero? Venivano nell'appartamento per un
caffè o una birra, ma tutto quel che ne aveva ricavato erano loro
che giocavano con l'Orso per ore e ore, tenendolo stretto ai loro
girovita divinamente snelli o a quei seni dell'East Village dai
capezzoli tesi che premevano le T-shirt o i top, lasciando che quella
cosina graziosa mettesse le zampe dove voleva, divertendosi ai suoi
grandi umidi baci apparentemente casuali e ridendo persino della sua
erezione color rosa intenso.
Se solo avessero saputo.
Cazzo, se solo lui avesse
saputo.
(...il seguito domani)
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