sabato 26 aprile 2014

il ritorno dell'orso (esercizio di traduzione) - parte terza


Ci fu un lungo quasi-blues, la ritmica solida, il basso di Malachi Favors enorme e caldo senza, notò con una certa sorpresa l'Orso, l'aiuto dell'amplificazione. L'Orso si divertì con Bowie, fecero qualche scambio, poi si spostarono su un po' di chiamate-e-risposte meno caratterizzate. Ci fu una lunga improvvisazione collettiva alle percussioni, in cui lui attraversò il palco, afferrò un mazzuolo e lo sbatacchiò su una grancassa, e poi qualcuno iniziò “Ohnedaruth”, l'omaggio di Jarman a Coltrane dal tempo spaventosamente veloce, e tutti i fiati in successione suonarono come dannati. Bowie suonò per ultimo, tirò fuori la pistola alla fine del suo intervento e svuotò il caricatore a salve contro le luci.
E fin qui tutto a posto, pensò l'Orso mentre stringeva forte l'ancia ed emetteva uno stridio di multifonie, ma poi Bowie, con una faccia da pazzo, con tutta la sobrietà scientifica del suo grembiule da laboratorio, si frugò nelle tasche, mise un altro caricatore nell'automatica e sparò un'altra raffica di salve sui tavoli affollati e appassionati del club, urlando: “Bam, bam, figli di puttana”, e una compagnia di turisti in una fila di tavoli vicino alla prima fila – qualche agenzia di viaggi doveva averli spediti a vedere l'Art Ensemble per sbaglio, o per scherzo – che erano stati solo leggermente allarmati dai primi colpi e dalla presenza sul palco di quello che sembrava un autentico orso, ora precipitò nel cieco panico, gettò da parte le sedie e schizzò attraverso la fitta folla verso l'uscita. Il panico si diffuse per il club, nessuno era sicuro di che cosa fosse successo e di che cosa no, e la sala fu quasi svuotata. La band andò dietro le quinte ridendo, Jarman minacciò due volte di ammazzare Bowie, e l'Orso stette lì sul palco a guardare attraverso il fumo della pistola.
Sentì Jones che lo chiamava dall'entrata del club, ma vide anche una figura solitaria seduta a un tavolo, e la mascella dell'Orso cascò giù in venerazione: era Ornette Coleman: il maestro: è venuto per me.
L'Orso scese dal palco attraverso i resti del fumo e si avvicinò al tavolo di Ornette. Ornette indossava un vestito nero di seta e non sembrava turbato dagli spari e dallo svuotamento del club. Sorrise all'Orso. “È stato interessante”, disse Ornette con voce gentile e distaccata, “ma quel che mi chiedo, anche se tu suoni mille volte meglio di quanto io sarei mai capace, è come mai tu suoni così simile a un essere umano. Quel che vorrei sapere è se trasponi dall'orso all'umano e in tal caso perché lo fai, perché se io suonassi con te quel che mi piacerebbe è che tu suonassi l'orso senza trasporre e io suonerei come me anche se non so se ciò equivarrebbe a un uomo e poi potremmo vedere qual è il risultato totale se nessuno fa l'addizione. Sai?”.
Anche se sentiva gli emisferi del cervello che gli si incrociavano, l'Orso era sicuro che Ornette avesse ragione. Perché mai trasponeva? Perché era così debole da volersi assimilare? “Hai ragione”, rispose superfluamente a Ornette.
“Vedi”, gli disse Ornette, “Io credo che tu suoni da quadrupede, quindi come sarebbe un suono quadrupede se non lo trasponessi in musica bipede. Quello sarebbe davvero interessante. Comunque”, disse, “io non mi preoccuperei se il pubblico se n'è andato. Quando suonavo io se ne andavano sempre”.
“Orso”, si sentì chiamare da Jones. “C'è un sacco di gente per strada e mi pare di sentire una sirena”.
“Potremmo suonare qualche volta”, suggerì Ornette.
“Potremmo andar via insieme”, disse l'Orso.
“No, va bene così”, rispose Ornette. “Vorrei sentire il resto del concerto”. Indicò il palco vuoto.
Jones si avvicinò, afferò l'Orso per un braccio e raggiunsero la porta posteriore e il furgone proprio mentre il rumore all'entrata cominciava a crescere.
Ci vollero un paio di giorni all'Orso per riavere indietro la custodia del suo sax, ma l'Orso considerò quella serata con l'Art Ensemble un eccellente successo, non ultimo perché arrivò per posta un inaspettato assegno da parte di Lester Bowie, e per un importo niente affatto insignificante. Lui avrebbe suonato anche gratis. Certo che l'avresti fatto, disse Bowie all'orso quando gli telefonò per ringraziarlo, ma non potevamo permetterlo, no?
L'assegno era bastato per affittare un furgone, e ne rimase un po' per finanziare l'organizzazione di un tour.
Come sarebbe stato, di preciso?

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