Era il 5 dicembre 1998. Faceva parecchio freddo, i vetri della Uno verde erano tutti appannati, ma a noi andava bene così. Io avevo ventitré anni, lei ventidue. Oggi è il 5 dicembre 2013, io ne ho trentotto, lei trentasette.
Quindici anni, sono passati? Che strana cosa, il tempo...
"Eppure resta / che qualcosa è accaduto, forse un niente / che è tutto."
Montale, Xenia II, 13
Nel ricordo, quei pomeriggi durano eoni.
Ed è strano, perché, se dovessi ricostruirne l'algoritmo, traccerei con assoluta precisione, innanzi tutto, le gradazioni della luce, la foglia-d'oro di aprile, la calcinatura di luglio, l'atroce dolcezza di settembre, il grigiore acquatico di gennaio. E ancora: la forma d'onda del citofono; il volto pixelato nel bianco e nero dell'occhio-di-pesce; la nota (un la a 440Hz, diapason perfetto) dell'ascensore nel raggiungere il piano; il numero dei passi (dodici); il campanello non suonato. E infine: la cubatura incassata tra gli armadi, quei centonovanta per ottanta centimetri in cui le coordinate spaziotemporali si comprimevano.
Ma qui il resoconto deve interrompersi, per forza. E riprendere con una luce tutta diversa, già prossima a smottare nel buio, con la dissipazione del calore, l'assetto inestricabile dei corpi, il volto incastonato nella teca dei seni.
Il tempo intercorso rimane incommensurabile, asintotico, refrattario agli ingranaggi. La domanda è: come possa, in quel nulla, essere contenuto così tanto; come facciano i corpi ad aver immagazzinato una simile quantità di dettagli; come, all'insaputa di me, si sia incisa nelle mani l'orografia della pelle.
Però ricordo bene la traccia del risveglio, era sempre il sapore del capezzolo sinistro, e solo dopo l'acromion, la fossa sottoclaveare, e lì il bivio, l'insidia della scelta, i sentieri diramati, il nuovo inizio.
(colonna sonora: "Love Song", da Spring, Blue Note 1965)
1 commento:
auguri :)
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