martedì 4 dicembre 2012
reperti - quarta parte
Qui siamo intorno al 1999-2000. Turn of the century, e si sente.
* * *
ANNI NOVANTA
Meglio il buio che questa acquiescenza
al bene come al male, quest'aria di festa
finita, di perdono e di cicuta.
(Ristagno combustione dissolvenza
di Lete e di catodi. Il dolore,
anche il dolore è un inganno).
Come vegliare, come
tacere, nel sonno e nel frastuono,
come salvare lo sguardo da questa
oscena allegria di sonnambuli?
* * *
Il tuo volto nel buio si fa azzurro
e bianco, si accendono a un click
luci di ghiaccio e silicio, le parole
vi danzano fredde come stelle.
Ma così sia: non tracce sgorbiature
sviste di una mente che si inganna,
ma la la tua voce fatta luce, il lampo
che mi riporta a te, silenzio viaggio
fulmineo d'atomi e di amore.
* * *
LEGGENDO MONTALE
Tra di noi non vive nessun dio,
non camminano angeli, non scendono
ad annunciare gaudio o apocalissi.
Folgoreggiando cala da nord-ovest
il volo Linate-Falconara e a soprassalti
mi destano fragori di autoradio.
* * *
Gli uccelli tracciano rette diagonali
di terrazzo in terrazzo, rinsaldano con voli
e richiami lo spazio inabitato
tra comignoli e abbaini. Hanno sentieri che ritagliano
reticolati obliqui sulle nostre
viabilità. Sanno la vita silenziosa
delle imposte in rovina, i sottotetti e le connessure
fra tegola e tegola. Ci sfiorano
senza vederci e tornano al crinale
vertiginoso delle gru ferme, alle loro
città inclinate fra terrazzi e balconi.
Ci lasciano escrementi piume nidi
abbandonati – il vuoto sulle scapole
e la terra inchiodata alle gambe.
* * *
Cammino tra la folla
nel giorno ventoso (settembre,
ultimi scampoli d'estate,
tendenza alla bassa pressione) con in mano
il giornale della sera, che mi informa
sul numero esatto dei decessi in autostrada
e sullo stato della guerra nel mondo.
Il dolore e la gioia sotto il sole,
sotto lo stesso cielo i miei passi nell'aria già fredda
e le lingue di tutto il mondo che si ingolfano
in un grido inudibile. Il vuoto,
altissimo e morto nel silenzio degli astri.
Ci è negato l'Empireo e ci resta
Perugia in un giorno di estate stremata,
mentre cammino e con un piede stermino
una file di formiche
e il dolore del mondo mi trapassa dal petto alle vertebre.
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2 commenti:
anche io da qualche parte ho una poesia intitolata "leggendo montale", certo la rima dio-autoradio è proprio figa, te la invidio. :)
dio-gaudio-autoradio (precisiamo ;-))
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