venerdì 25 febbraio 2011

è morto un poeta


Un poeta che non conoscevo, che scopro solo adesso.
Luigi Di Ruscio (apprendo) era marchigiano, emigrato in Norvegia alla fine degli anni Cinquanta, aveva sempre fatto l'operaio metallurgico e non aveva mai pubblicato per un grande editore.
Della sua poesia hanno scritto Franco Fortini, Salvatore Quasimodo, Antonio Porta, Sebastiano Vassalli, Tiziano Rossi.
E' morto mercoledì scorso, 23 febbraio 2011, a 81 anni.
Su Nazione Indiana (da dove traggo le poesie che seguono) c'è un suo ricordo; qui c'è un sito su di lui; e qui si può scaricare in pdf un suo intero libro, Le streghe s'arrotano le dentiere (1966).

* * *

con la fine degli umani i grattacieli
si copriranno improvvisamente di licheni spumosi
gli asfalti inizieranno fioriture
che richiameranno gli insetti più luminosi
nessun gatto
rischierà di venire castrato
e nell’universo rimarrà lo splendente ricordo
di essersi visto con l’occhio umano

* * *

stuoli di zanzare gigantesche
poi piogge che scoperchiavano i tetti
fischiavo continuamente nel vano tentativo
per fare sapere a tutti che c’ero anche io
con tutti i miei versi che venivano decifrati solo
dei complici della nostra congiura poetica
anche quando era andata via la luce
e ci urtavamo ridevamo
poi ritornò tutto come prima
e rivedemmo nelle nostre facce la solita ferocia

* * *

fate molta attenzione alle cose la realtà era una capsula fulminante
le parole più reali della realtà stessa
la mia povertà me le faceva amare disperatamente
poesia istantanea senza incertezze
a comunicazione rapidissima come segnali stradali
negli ingorghi stradali potevi anche metterti a volare
le cose perse le ritrovavo subito appena smettevo di cercarle
trovo tutto meno quello che cerco

* * *

oggi primo aprile festa della creazione del mondo
anniversario dell’esplosione dell’uovo comico o cosmico che sia
la rivelazione del verbo essere
quando tutti i verbi iniziarono l’espansione universale
qui viviamo sotto l’influenza dell’oceano
lunghi gli inverni e cortissime le primavere
qui morirò in piedi o in bicicletta
o fulminato dal traffico o dall’arteriosclerosi
e quella la sfera metallica durissima va scalfita
scovare la belva rintanata dentro di noi
segnalare col solo fischiare
questa vita assolutamente non richiesta

* * *

sapevo bene che andare contro la propria coscienza
è pericolosissimo soprattutto per me
che vado sempre in bicicletta
uno rischia come niente fosse la catastrofe sull’asfalto
rischi un cancro al cervello come niente fosse
insonnie e lutti in un inferno continuo

* * *

la speranza andava mostrata subito
inutile tenerla nascosta
per paura che venisse derubata
sostenerla con versi blasfemi o sferici
e alla fine delle composizioni
come sbattendo il coperchio
di una cassa da morto
per chiudere tutto

1 commento:

amanda ha detto...

l'iimagine di uno che va in bici contro la propria coscienza è bellissima


grazie per avermelo fatto conoscere