Un poeta che non conoscevo, che scopro solo adesso.
Luigi Di Ruscio (apprendo) era marchigiano, emigrato in Norvegia alla fine degli anni Cinquanta, aveva sempre fatto l'operaio metallurgico e non aveva mai pubblicato per un grande editore.
Della sua poesia hanno scritto Franco Fortini, Salvatore Quasimodo, Antonio Porta, Sebastiano Vassalli, Tiziano Rossi.
E' morto mercoledì scorso, 23 febbraio 2011, a 81 anni.
Su
Nazione Indiana (da dove traggo le poesie che seguono) c'è un suo ricordo;
qui c'è un sito su di lui; e
qui si può scaricare in pdf un suo intero libro,
Le streghe s'arrotano le dentiere (1966).
* * *
con la fine degli umani i grattacieli
si copriranno improvvisamente di licheni spumosi
gli asfalti inizieranno fioriture
che richiameranno gli insetti più luminosi
nessun gatto
rischierà di venire castrato
e nell’universo rimarrà lo splendente ricordo
di essersi visto con l’occhio umano
* * *
stuoli di zanzare gigantesche
poi piogge che scoperchiavano i tetti
fischiavo continuamente nel vano tentativo
per fare sapere a tutti che c’ero anche io
con tutti i miei versi che venivano decifrati solo
dei complici della nostra congiura poetica
anche quando era andata via la luce
e ci urtavamo ridevamo
poi ritornò tutto come prima
e rivedemmo nelle nostre facce la solita ferocia
* * *
fate molta attenzione alle cose la realtà era una capsula fulminante
le parole più reali della realtà stessa
la mia povertà me le faceva amare disperatamente
poesia istantanea senza incertezze
a comunicazione rapidissima come segnali stradali
negli ingorghi stradali potevi anche metterti a volare
le cose perse le ritrovavo subito appena smettevo di cercarle
trovo tutto meno quello che cerco
* * *
oggi primo aprile festa della creazione del mondo
anniversario dell’esplosione dell’uovo comico o cosmico che sia
la rivelazione del verbo essere
quando tutti i verbi iniziarono l’espansione universale
qui viviamo sotto l’influenza dell’oceano
lunghi gli inverni e cortissime le primavere
qui morirò in piedi o in bicicletta
o fulminato dal traffico o dall’arteriosclerosi
e quella la sfera metallica durissima va scalfita
scovare la belva rintanata dentro di noi
segnalare col solo fischiare
questa vita assolutamente non richiesta
* * *
sapevo bene che andare contro la propria coscienza
è pericolosissimo soprattutto per me
che vado sempre in bicicletta
uno rischia come niente fosse la catastrofe sull’asfalto
rischi un cancro al cervello come niente fosse
insonnie e lutti in un inferno continuo
* * *
la speranza andava mostrata subito
inutile tenerla nascosta
per paura che venisse derubata
sostenerla con versi blasfemi o sferici
e alla fine delle composizioni
come sbattendo il coperchio
di una cassa da morto
per chiudere tutto
1 commento:
l'iimagine di uno che va in bici contro la propria coscienza è bellissima
grazie per avermelo fatto conoscere
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