Ben Ratliff, Come si ascolta il jazz, minimum fax 2010 (242 pp., 16 euro)
Negli ultimi anni, la Minimum Fax si sta specializzando nel campo del jazz. Dopo la lunga serie di autobiografie di jazzisti (Miles Davis, Duke Ellington, Chet Baker, Dizzy Gillespie, Count Basie, Enrico Rava, Louis Armstrong), esce ora, a firma del critico musicale Ben Ratliff, questo gustoso libretto.
Che ha l'unico neo di avere un titolo un po' infelice, che può far venire in mente quei manuali a base di “how to...” che infestano le librerie americane. Invece, l'idea è diversa.
Ratliff è partito dalla domanda che, prima o poi, ha tormentato chiunque si sia occupato di interviste musicali: come far uscire i musicisti dal loro guscio? Come evitare che l'intervista si trasformi in un banale echeggiamento dei comunicati stampa, o nella ripetizione di fatti e opinioni già declinati decine o centinaia di volte?
L'idea di Ratliff è l'uovo di Colombo. Sono musicisti? E dunque lasciamo che parlino di musica. Musica selezionata da loro stessi e ascoltata insieme all'intervistatore. Con un'unica condizione: che non si tratti di musica propria, ma altrui. Per il resto, la scelta è completamente libera.
Ecco dunque che Sonny Rollins parla di Fats Waller, Coleman Hawkins, Charlie Parker e Lester Young; Andrew Hill chiede di ascoltare Earl Hines e Dave Brubeck; Ornette Coleman esplora musica asiatica ed ebraica; Bob Brookmeyer si appassiona a Witold Lutoslawki, Wayne Shorter a Ralph Vaughan Williams; e Metheny chiede dischi di Sonny Rollins, Miles Davis, Tom Jobim, ma anche una fuga di Bach. E così via.
Producendo giudizi e opinioni spesso sorprendenti, non di rado illuminanti.
Ratliff riporta i resoconti di quelle conversazioni con lo stile piano e brillante tipico della divulgazione anglosassone (e che, purtroppo, suona sempre un po' strano, quando è reso nel nostro pomposo e ciceroneggiante idioma, al di là della qualità della traduzione).
Consigliato a chiunque ha sempre visto i musicisti sull'alto di un palco, e ha voglia, una volta tanto, di gettare uno sguardo sul “dietro le quinte” della loro creatività.
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