domenica 24 ottobre 2010

eros e thanatos


Properzio, Elegie (IV, 7)

Dunque esiste l'aldilà: non tutto ha fine nella morte,
e l'ombra pallida sfugge al rogo sconfitto.
E infatti ho visto Cinzia sporgersi sul mio letto,
lei, da poco scesa nella terra presso il brusio di una strada,
mentre su di me pendeva il sonno, dopo la sepoltura
del mio amore, e piangevo nel letto, il mio regno per sempre gelido.
Erano uguali i capelli a quando la portarono via,
uguali gli occhi, la veste bruciata su un fianco,
toccato dal fuoco il berillio che portava sempre al dito,
e l'acqua del Lete le aveva avvizzito gli orli delle labbra.
Come i vivi respirava ed emetteva la voce: ma
i pollici le scrocchiarono nelle mani fragili.
“Perfido! Nessuna donna mai speri di averti migliore!
Dunque già ti ha sconfitto il sonno?
Hai scordato gli incontri furtivi nella Suburra insonne
e la mia finestra consumata dagli inganni notturni?
Quante volte di lì mi sono calata lungo una fune,
con una mano, poi con l'altra, fino a caderti in grembo?
Facevamo l'amore sul crocicchio, petto contro petto,
e i mantelli ci scaldavano il selciato.
O patto silenzioso, parole ingannevoli
che i venti insensibili dispersero!
Nessuno pianse sui miei occhi che si spegnevano:
se mi avessi chiamata, avrei strappato ancora un giorno:
nessun custode accanto a me suonò una canna forata,
e una tegola rotta fu il doloroso appoggio del mio capo.
[...]
E tuttavia non ti perseguito, Properzio, anche se lo meriteresti:
fu lungo il mio regno sui tuoi versi.
Io ti giuro, sulla sentenza irrevocabile del Fato,
e che il cane tricipite possa latrare meno forte verso di me,
che ti sono stata fedele. Se ti inganno, sibili la vipera
sul mio tumulo, e si annidi sulle mie ossa.
[...]
E ogni verso che hai scritto sul mio nome,
brucialo per me: non tenerti le lodi che mi appartengono!
Pianta un'edera sulla mia tomba, ché i corimbi maturi
mi avvolgano le tenere ossa con i rami contorti.
Dove l'Aniene siede tra i campi frondosi,
e per grazia di Ercole l'avorio non ingiallisce mai,
lì su una colonna scrivimi un epitaffio degno,
ma breve, che lo legga il viandante frettoloso che viene a Roma:
QUI NELLA TERRA DI TIVOLI GIACE L'AUREA CINZIA:
ALLE TUE RIVE, O ANIENE, SI E' AGGIUNTA UN'ALTRA LODE.
[...]
Ora ti posseggano altre: presto io sola ti avrò:
sarai con me e consumerò le mie ossa miste alle tue ossa”.
E quando ebbe detto questo, piangendo e accusando,
svanì la sua ombra al mio abbraccio.

2 commenti:

lil ha detto...

che te ne fai di poe quando hai properzio?

lazard ha detto...

lil, forse hai ragione. però poe è stato importante per diversi motivi.
io la metterei così, per rimanere agli states.
che te ne fai di salinger... (a prescindere da properzio)