Wu Ming, Altai, Einaudi 2009 (411 pp., € 19,50)
Premetto: non ho idea di che cosa sia il N.I.E. (New Italian Epic). Non ho seguito le relative polemiche, che trovo sterili come tutte le polemiche letterarie (sono scrittori, che scrivano, cazzo; perché perdere tempo a polemizzare?). Comunque, chi fosse interessato trova ampio materiale qui.
Non ho nemmeno letto Q, il romanzo del 1999 al quale Altai si riallaccia in parte nella trama (e che, a questo punto, penso leggerò), né altro dei Wu Ming, o Luther Blisset, o come diamine si chiamano.
Ho comprato questo romanzo perché ne ho sentito parlare, mi ha incuriosito, e soprattutto mi interessavano il periodo storico (il Cinquecento) e l'ambientazione (Istambul, il Mediterraneo occidentale).
In breve: il protagonista, Emanuele, è un ebreo mezzosangue (madre ebrea, padre veneziano) che ha rinnegato il suo popolo e si è messo a fare la spia per Venezia. Finché un'accusa (falsa) di alto tradimento non lo costringe a fuggire.
Braccato, senza più patria né amici, finirà proprio tra le braccia dei nemici che ha sempre combattuto: i Turchi. E, in particolare, conoscerà Giuseppe / Yussuf, un ebreo sefardita è diventato potente presso la corte ottomana e che insegue un'utopia: conquistare un regno per dare una nuova terra alla sua gente dispersa per il mondo.
Attraverso il rapporto con Yussuf, Emanuele riscoprirà sé stesso, troverà una ragione di vita e, per la prima volta, potrà sognare di volare alto come il falco che dà il titolo al romanzo. Peccato che i sogni si debbano prima o poi scontrare con la realtà: in questo caso, gli intrighi labirintici della politica e l'irredimibile brutalità della guerra (le pagine sull'efferato assedio di Famagosta, che costituiscono il cuore del libro, sono davvero impressionanti).
Ovviamente, il finale non si rivela.
E, ovviamente, la trama ha molti agganci con l'attualità, che non sto nemmeno ad enumerare.
Giudizio? Il libro è scritto bene e l'ho letto in pochi giorni, con piacere. Per me, basta e avanza.
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4 commenti:
I Wu Ming, nei loro proclami, sono tromboneschi e hanno tutti quanti un troppo spiccato talento per l'autopromozione per riuscirmi simpatici, ma per il resto ti dò ragione: sanno davvero come farsi leggere, e i loro romanzi sono sempre per lo meno intelligenti, quelli che ho letto, almeno. 54 è quello che mi è piaciuto di più; New Thing non era male, ma mi sa che avere una buona conoscenza del jazz e di quell'ambito storico è stato più un ostacolo che un aiuto al suo godimento.
Ciao
New Thing voglio leggerlo appena ho un attimo, e anche Q.
Pure Manituana mi attira, da vecchio lettore di Tex Willer e di Hugo Pratt.
Il problema sono le priorità, in mezzo alla catasta di libri in attesa di essere letti.
in pochi giorni? ma è un bel mattone.
sì, ma si legge molto bene.
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