domenica 13 giugno 2010

paganesimo


Sono arrivate le rondini e insieme a loro, in spregio a tutti i proverbi, è arrivata finalmente anche la primavera.
Ognuno ha la propria personale mantica; secondo la mia, la buona stagione è indissolubilmente legata a un cielo color azzurro compatto, tagliuzzato dalle forbicine dei loro voli.

Poi, certo, questa è anche la stagione delle blatte. Bestioline scivolose e ributtanti, che brulicano nell'ombra sudicia e puzzano se le calpesti. Ho trovato un nuovo veleno, che ne ha fatti fuori una dozzina in un giorno solo. Non si sono fatti più vedere. Lo considero un buon esempio di magia apotropaica.

Poi, stamattina stavo sistemando i rami del biancospino. Mi sono punto e graffiato, perché ovviamente non avevo i guanti. Si potrebbe dire che non li avevo perché si trovano nel sottoscala, che è basso e buio e scomodo e devo entrarci rannicchiato, ma io preferisco pensare a un rito di fertilità basato sullo spargimento del sangue e sul nutrimento della terra.

Comunque, mentre armeggiavo con i rami ho visto con la coda dell'occhio qualcosa che piombava giù, rasente al muro. Al tonfo, mi sono girato. Era un merlo, e giaceva rovesciato sul dorso, le zampe all'aria. Per qualche decina di secondi il corpo ha continuato a fremere, le zampe a contrarsi, poi la testa si è piegata da una parte e l'occhio si è appannato. Morto.
Non so da dove venisse, ma ci sono parecchie famiglie di merli stanziate nei dintorni. Li sentiamo conversare da una siepe all'altra e assistiamo alla guerra di posizione con i gatti del vicinato, la cui posta in gioco sono i pulcini che ogni tanto cadono dal nido.
Non avevo voglia di raccogliere il cadavere, ma quella piccola massa bruna e immobile mi ingombrava il campo visivo mentre lavoravo. Mi sono avvicinato e ho visto che qualche mosca aveva cominciato a posarsi e che le prime formiche stavano lanciando l'allarme alle compagne. Allora ho preso la paletta e l'ho lanciato fuori dal giardino. La dignitosa simmetria della morte si è subito scomposta in una serie di linee divergenti; le penne si sono mimetizzate con lo sfondo di foglie secche.
La vedo come un'offerta alle divinità feline che pattugliano i confini delle nostre case.
In giardino è rimasta una macchia umida sulle mattonelle.

6 commenti:

hzkk ha detto...

accidenti Sergej, che spavento !
vedevo già cascare il merlo morto diritto diritto sulla testa della vicina di casa. magari appena uscita dal parrucchiere.

bel racconto

sergio pasquandrea ha detto...

che poi, essendo bruno e non nero, dovrebbe essere una femmina. una merla, insomma. o almeno credo.

giacy.nta ha detto...

Ciao, mi sono appena imbattuta nel tuo blog e, attirata dalla foto mosaico che ti rappresenta ( sulla destra )e da un pacifico volo di rondini ( sulla sinistra ), ho iniziato a leggere il tuo ultimo post. Mi aspettavo un quadretto agreste ed invece... cadaveri di blatte, di un merlo e, come osserva chi ha commentato prima di me, avrebbe potuto costituire una voce della lista anche quello della vicina di casa. Fin qui, niente di nuovo, ciò che trovo straordinario è il funambolico cinismo ( penso solo letterario, anzi ne sono sicura ). Ciao, giacinta

sergio pasquandrea ha detto...

grazie per i complimenti, giacinta.
cinico però no: magari asciutto, un po' ironico. non sentimentale, soprattutto.

giacy.nta ha detto...

La posa sentimentale anche a me non piace, preferisco l'ironia. In ogni caso, cinismo o non cinismo, ti lasci leggere molto volentieri. Tornerò a trovarti se ti fa piacere.

sergio pasquandrea ha detto...

torna pure, mi fa piacere eccome...