Alessandro Baricco, “Novecento”, Feltrinelli 2008 (prima ed. 1994), 5 €, 62 pagg.
Non sto a raccontare le varie circostanze che mi hanno portato a leggere “Novecento”. Dico solo che includono alcune recenti letture di critica musicale relative al jazz, un articolo su Jelly Roll Morton che sto scrivendo, alcune discussioni su questo blog, una discussione su un altro blog relativa alla (per me bruttissima) versione cinematografica che ne fece Tornatore, e un'altra su un altro blog ancora, relativa alla parodia disneyana realizzata da Faraci e Cavazzano, peraltro in collaborazione con lo stesso Baricco.
Premetto che finora l'unico romanzo di Baricco che avevo letto era “Oceano Mare”, e l'esperienza non era stata delle migliori: anzi, per dirla tutta, una delle peggiori sòle della mia vita. Per essere precisi, dovrei anche premettere che “rileggo” “Novecento”, ma la lettura che gli diedi, una dozzina d'anni fa, fu talmente superficiale e frettolosa che non mi è rimasto praticamente nulla.
Come sempre, ho cercato di leggere senza preconcetti. E fra i preconcetti va inclusa anche la mia personale insofferenza per lo stile di Baricco, con quello stillicidio di frasette asmatiche in simil-parlato che mi sanno tanto di affettazione, magari con qualche “cazzo” o “fottuto” qua e là, che fa sempre simpatico. È una mia idiosincrasia, e prendetela per quel che è; però devo ammettere che qui quello stile funziona molto meglio che altrove.
Ho cercato di non trasporre sul libro l'irritazione che mi aveva suscitato il film, e in ciò sono stato aiutato dal fatto che nel libro la musica suonata da Danny Boodman T. D. Lemon Novecento non si sente, e ognuno può immaginarsela come vuole, il che costituisce un indubbio vantaggio del libro sul film.
Ho cercato anche di non considerare il fatto, abbastanza lampante, che Baricco non capisce una mazza di jazz, a parte qualche luogo comune riciclato da chissà quale bignamino (il blues, i campi di cotone, i bordelli, fino al famigerato “se non sai che cos'è, allora è jazz”, di cui ho già parlato più volte). Però la scena con Jelly Roll Morton, nel libro, è molto meno offensiva che nel film, dove il povero Morton è definito senza mezzi termini “un coglione” e viene “sconfitto” da un volgare sbatacchiatore di pianoforti.
Alla fine, quel che mi è rimasto di “Novecento” è una bella storia, che si fa leggere con piacere. Di Baricco si può dire tutto il male possibile, ma una cosa va riconosciuta: è un affabulatore, e quando racconta sa come tenerti incollato alla pagina.
sulla Lettura
14 ore fa
4 commenti:
in effetti il film era pieno di elementi che piacciono al grande pubblico, hollywoodiano. la storia "d'amore", i balli del pianoforte.. quel trombettista poi mi faceva proprio irritare.
Baricco: meno male, mi risparmio la fatica. ho altri due suoi libri e non riesco di andare avanti, magari li "perderò" in qualche treno. ma Novecento mi era piaciuto.
certo che i'm a fool to want you è proprio stupenda, io l'aveva sentita interpretata solo da sinatra ed era già splendida, ma cantata dalla holiday è un altro mondo (senza nulla togliere a sinatra, però)...
penso che leggerò 900, se persino tu l'hai trovato accettabile, allora vuol dire che tutto sommato è un buon libro...
Per "I'm a Fool to Want You", mi permetto di suggerire la versione di Dexter Gordon, di cui sono semplicemente innamorato.
Il vecchio Dexter sulle ballad non lo batte nessuno.
Comunque io ultimamente sto riscoprendo la Billie Holiday degli inizi, quando era ancora "quasi" felice, per così dire (credo che felice davvero non lo sia stata mai).
Magari ne scrivo, appena ho tempo.
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