mercoledì 22 aprile 2009

rabbie quotidiane


In autobus, stamattina verso le undici.
Fermata della stazione: salgono i controllori e iniziano a guardare i biglietti. Una signora di mezza età consegna il suo e il controllore le obietta che è scaduto. La signora dice che era valido quando è salita sull'autobus, che è scaduto da pochi minuti e che comunque ne ha un altro pronto da timbrare. Il controllore obietta che no, il biglietto è scaduto e deve farle la multa. Entrambi si incaponiscono sulla propria posizione, in breve si arriva alla lite, alle urla. La signora prova a dirigersi verso la macchinetta obliteratrice, il controllore dice all'autista di bloccarla e di chiudere le porte dell'autobus, chiede alla signora i documenti, lei si rifiuta di darglieli.
"Son quarant'anni che prendo 'l pullman", strilla, "ho sempre fatto il biglietto, son 'na persona onesta. La multa fatela a chi 'n fa mai il bijietto. I documenti 'gne li dò, me porti pure' n galera, me porti da la polizia, vedemo!".
Dopo qualche minuto scendono e, continuando a litigare, si dirigono verso la stazione.

L'autobus riparte.
Un signore sulla settantina comincia a imprecare ad alta voce: "Ma fatela alle persone disoneste la multa, che ce n'èn tante in giro. Fatela ai marocchini, che 'n pagano mai 'l bijetto".
Un ragazzo nordafricano seduto vicino a lui gli risponde, con tono piuttosto piccato, che lui il biglietto ce l'ha, e regolarmente timbrato. Il vecchio si gira con gli occhi fuori dalle orbite e lo aggredisce con un profluvio di insulti.
"Che cazzo volete in Italia, 'sti stronzi, tornatevene 'n Marocco e non rompete i cojoni a noantri. Che cazzo ce venite a fa qua, delinquenti?".
Una signora anziana si avvicina alle spalle del ragazzo, lo afferra per una manica e gli urla in faccia: "E tu àlzete da qua, che questo è 'l posto pe l'invalidi, me ce devo sède io che so' 'nvalida".
Il ragazzo si alza borbottando e viene a sedersi accanto a me. Sta per riprendere a litigare con il vecchio, io gli metto una mano sulla spalla e gli dico di lasciar perdere, che così si mette dalla parte del torto, che è solo un povero rincoglionito.
Il bigliettaio si avvicina, dice al vecchio che il ragazzo ha un biglietto regolarmente timbrato. "Se dovete dirvi qualcosa", aggiunge, "scendete e ditevelo fuori".
Intanto è salito un uomo sulla cinquantina, piuttosto male in arnese, che emana un lieve sentore di alcool. Sorride e strizza l'occhio al ragazzo nordafricano, poi si avvicina al vecchio e comincia a prenderlo per il culo.
"Aoh, ma te ce sei nato così? Ma in ottant'anni ancora non l'hai imparata, l'educazione? Ma guarda un po' se questo è sempre vissuto così".
"Che cazzo te metti in mezzo tu, morto de fame?", ribatte il vecchio. "Me l'hai da 'nsegnà tu l'educazione, con quella faccia? Ma l'hai fatto il biglietto tu?".
"No, io non lo faccio mai!" risponde l'uomo, e ridendo gli sventola sotto il naso il biglietto appena timbrato.
Poi torna verso il ragazzo nordafricano e comincia a ridacchiare con lui indicando il vecchio, che intanto continua a parlottare sottovoce tra sé e sé.
Una donna grassa, qualche sedile più dietro, ha osservato tutta la scena e scuote la testa con aria di disapprovazione, non si capisce nei confronti di chi (ma ho paura di saperlo).
Scendo alla fermata successiva.

Dopo pranzo passa a casa mia suocera. E' verde di rabbia, trema per il nervosismo.
Aveva un piccolo conto alla posta da chiudere e, dopo aver preso appuntamento, è andata all'ufficio postale per fare l'operazione, che avrebbe dovuto essere semplicissima (aveva già prelevato quasi tutti i soldi, si trattava di qualche firma).
L'impiegata, racconta, l'ha accolta con aria scocciatissima. Alle sue richieste di spiegazioni (documenti da firmare, libretti degli assegni da restituire) ha reagito in tono sempre più seccato, dicendo che aveva altri clienti da servire, oltre lei. Alla fine ha detto di non avere i documenti per l'annullamento del bancomat. Mia suocera le ha chiesto allora di tagliarlo e lei si è rifiutata, ha detto che non era compito suo, ha persino chiamato due colleghe a darle manforte.
E' finita con tre impiegate che inveivano contro di lei a voce spiegata, di fronte a tutta la clientela (e posso crederci: conosco quelle impiegate, ci ho già avuto a che fare, so che razza di cafone sono).
Mia suocera chiede di vedere la direttrice dell'ufficio postale, che arriva con tutta calma dopo dieci minuti. La accompagna nel suo ufficio, sbriga con chiaro fastidio le pratiche per la chiusura del conto e la invita sgarbatamente a uscire.

"Che brutti tempi", commenta mia suocera salutandoci.

9 commenti:

rasputin ha detto...

ok, non dovrei dirlo, ma mi hai fatto ridere :-D

sergio pasquandrea ha detto...

Una risata li seppellirà. Speriamo.

ghzk ha detto...

l'altro giorno c'era in tv un filmato meraviglioso, raccontava il mondo dopo un'eventuale sparizione del homo sapiens.
una volta pensavo che sarebbe grandioso se l'uomo tornasse scimmia, ora sono convinto che bisognerebbe ricominciare da qualche altra specie, magari pesce.
questi tempi bastardi hanno fatto fuoriuscire il lato peggiore della nostra specie.

sergio garufi ha detto...

bellissimo pezzo, soprattutto la parte dell'autobus è fantastica, un resoconto che sembra di essere lì. sembra fiction e invece è realtà.

viso pallido straniero ha detto...

ma questa parlata è romana o perugina ? l'ufficio postale di piazza matteotti era così già 15anni fa. se trattasi di Perugia tutto è ancora più grave perchè quella città deve moltissimo all'università per stranieri

sergio pasquandrea ha detto...

Sì, è proprio Perugia, ma l'ufficio postale è in periferia, a Ferro di Cavallo.
Purtroppo non è nemmeno la prima volta che assisto a episodi del genere, qui a Perugia.

viso pallido ha detto...

posso immaginare. devo aggiungere che una delle prime parole che ho imparato subito fuori dall'Università per Stranieri era "cercacojoni". all'inizio credevo fosse un'espressione usata in tutta Italia.
perchè non raccogli questi racconti in un "libro della giungla" ?

sergio pasquandrea ha detto...

"Cercacojoni" onestamente non l'ho mai sentita.
Quanto a pubblicare, serve una dose di perseveranza e di fiducia nella propria scrittura che onestamente io non ho.

viso pallido ha detto...

l'ho sentita molto spesso questa espressione, in tanti anni di vita a Perugia, da osservatore..l'unico straniero dentro il "branco" di Perugini veraci (proprio in centro storico)

intanto raccogli tutto, la fiducia arriverà. per forza.