Da tash-blog:
"Ritrovare e ripercorrere il conosciuto ci dà una forma particolare di conforto che deriva dal senso di appartenenza, dalla percezione dell’heimat urbano.
Oggi si stra-usa il termine «identità» per indicare qualcosa di simile, ma come fosse da impugnare: dire «appartenenza» è più sincero e domestico, meno scioccamente patriottardo, meno attardato".
1 commento:
sì,sono sostanzialmente d'accordo col pensiero espresso...
credo che il punto siano le definizioni,l'importanza che si dà ad esse.......sinceramente quell'abitudine di crearsi uno spazio "ufficilae" in cui definire se stessi con pomposità mi hA sempre dato fastidio....
però dipende come questa spinta alla auto-definizione è espressa,e soprattutto da chi.......voglio dire,se i discorsi tipo "io sono questo","io faccio questo" mi vengono da un povero ragazzo di una famiglia napoletana,uno di quei ragazzi che vivono intrisi di dialetto fino al midollo,dentro quartieri che li accolgono benissimo,posso anche perdonare il tutto....
ma non ce l'ho con napoli:qualcosa di simile esiste anche qui a trapani,e mi è capitato di assistere a scene diversissime.......ci sono anche qui i rioni popolari,carichi di un vissuto che,allo sguardo di chi osserva,segnala necessità,ma mai auto-commiserazione.......è un ambiente che ha tutta un asua cultura,e che vive(esperienza personale)delle canzoni di tonY colombo e (soprattutto)gianni celeste........un'umanità che a tratti appare aggressiva,quasi per istinto naturale,verso il mondo,ma sa anche rifugiarsi dentro un'idea di sentimento che solo lei sa comprendere,che narra una vita:la sua.....
e ogni volta che ci penso,mi vengono in mente le concise,ma fulminanti parole di una mia compagna di liceo che,un giorno,seppe resistere con ammirevole placidezza a dei commenti volgarotti di alcuni di questi ragazzi,commentando semplicemente:"non è colpa loro...."
già,non è colpa loro, e allora di chi?...quei ragazzi sono una realtà,però ti accorgi che sanno anche essere restii,chiusi in se stessi,in alcuni momenti in cui sembrano essersi stancati di puntare al mondo,e allora ritorna il loro amore per la loro piccola cultura,perchè anche quella è,senza dubbio,una cultura.....ma crescendo scopri che c'è sempre chi sa essere diverso,in ogni gruppo,e impari che anche dentro quei quartieri c'è chi sa essere diverso......e allora ti viene la paura che forse sei tu,a cercare troppe identità negli altri,ma ogni vita racconta qualcosa,si può essere anche lì per sbaglio,a volte........."non è colpa loro"disse quella mia compagna.......forse è colpa delle circostanze......oppure è semplicemente colpa dell'abitudine generale a definire,ad accerchiare le cose,per capirle meglio....
e,tornando al discorso di partenza,c'è un'altra realtà,ben più antipatica di quella finora descritta,una realtà alla quale riesce più difficile perdonare quella sana ricerca di definizioni.........è quell'ambiente da discorsetti da salotto,e lo si trova un po' ovunque,così la sala d'attesa di uno studio medico si trasforma in un convegno di antropologia,laddove "l'aver partecipato alla sagra del....","l'aver visto il film in cui....","l'avere organizzato il festino che....",diventano,acidamente,pretesti per sentirsi realizzati o mostrare di esserlo,pretesto per farsi riconoscere,agli occhi degli altri,come "colui che ha fatto questo e quello",con una spinta narrativa tale che,dopo poco,finisce,senza neppure capire come,a toccare i temi "alti",e così si cerca il legame fra quello di cui si parla e la politica,e ognuno deve dichiarare la propria appartenenza con finto orgoglio,perchè non è una cosa sentita,ma è fatta apposta per appoggiare il discorso.....
allora qual è il vero orgoglio??....qualcosa,anzi molto,ce lo insegna tex.....se tex manifesta un'idea,non è mai per appoggiare una riunione-farsa,dove recitare la parte e dire la propria,ma lo fa solo quando è necessario.....credo che sia questo il miglior sfogo per l'identità.....non avere definizioni perfette per se stessi,da tirar fuori dal cappello quando capita,ma sapere,riconoscere di essere qualcosa.....e in qualche modo verrà fuori,sempre meglio se avverrà dopo la spinta da fuori,dopo che un fatto,una situazione esterna costringono a scoprire le proprie carte.....sennò sa di vanteria,e non mi piace.....
ma fa sempre uno strano effetto accorgersi che,dopo tante riflessioni su queste cose e sulla vita,al momento di trovarcisi immersi,quasi messi alla prova dalle situazioni,ci si scopre sempre un po' diversi da come si pensava,o almeno si scopre di poter fare molte più cose di quante la mente ne avesse "organizzate",in quei pensieri che cercano di non avere pretesa........forse perchè a me è capitato molte volte di trovarmi assieme a ragazzi più giovani di me....in quei casi ti sembra di avere una qualche superiorità dovuta ad una maturità sulla quale non hai mai avuto modo di riflettere....ogni parola che viene da chi è più piccolo di te ti spinge a misurare la tua reazione,per non sembrare un sapientone che vuole insegnare,per metterti allo stesso livello di esperienza di chi ti sta intorno.......e spesso ci si ritrova a essere più umoristi del solito,perchè il rapporto spezza la normale paura di non essere abbastanza seri.....così l'identità diventa qualcosa da crearsi da sè,per affrontare la singola situazione...........ma è forse meglio lasciare ceh tutto scorra,si avrà occasione dopo per capire,ora è preferibile essere.....
PS:nenche a me piace baricco......non sono mai riuscito a leggere oceano mare....ad ogni tntativo lo abbandono,non si capisce dove la trama voglia arrivare....ma non ho letto mai più nulla di lui,dopo quel primo tentativo....questo per dire che anch'io resto schiavo delle definizioni:ciò che non piace al primo colpo si giudica non meritevole di una seconda possibilità,specie se "non piace per nulla"......un'altra definizione da aggiungere,fra le altre.....ma forse,con un peso maggiore.....
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