Carlo Ginzburg, Paura reverenza
terrore, Adelphi 2015 (311 pp., € 40)
Non mi è mai capitato di leggere un
libro di Carlo Ginzburg che non fosse una festa per l'intelligenza. E
questo non fa eccezione.
Ci sono tutte le migliori doti
dell'autore: l'erudizione vasta e profonda, ma mai sterile; l'abilità di rendere appassionanti temi che potrebbero risultare astrusi; la
capacità di creare agganci con il presente; la spregiudicatezza nel
tessere relazioni fra territori culturali apparentemente
incomunicabili.
I cinque saggi qui raccolti hanno come
punti di partenza altrettante suggestioni visive: una coppa istoriata
del Cinquecento, il frontespizio del Leviatano di Hobbes, il Marat di
David, un celebre manifesto di propaganda della Grande Gerra,
Guernica di Picasso. I punti di arrivo sono inaspettati: la conquista
dell'America vista dagli Europei, il concetto biblico di timor
Domini, il rapporto tra politica e religione, un modulo visivo di
origine ellenistica, Georges Bataille (passando per la pittura neoclassica). Al di sotto, a fare da
collante, c'è una riflessione sui temi della paura e della
reverenza, e del loro rapporto con la memoria storica.
Ma tutto ciò è solo una pallida
immagine di quanto contenuto in queste dense, stimolanti pagine. Da leggere assolutamente
(P.S.: urge però un caveat: il testo costa
parecchio in relazione al contenuto, perché è stampato su una lussuosa
carta lucida e pesante, con il testo in corpo 13 o 14 che copre sì e
no due terzi della larghezza, e con un centinaio di pagine occupate
interamente dall'apparato di note finali; prima o poi, magari, ne
uscirà un'edizione più economica.)
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