Walter Cremonte, Contro la dispersione,
Guerra Edizioni, 1999 (116 pp., € 7,75)
Mi sono sempre chiesto perché mai la
poesia di Walter Cremonte non sia ospitata, non so, nella collezione
bianca di Einaudi o nello Specchio di Mondadori. (In realtà lo so il
perché: Walter è la persona più modesta, discreta, più dolce
nel significato pieno della parola, che io abbia mai conosciuto).
Comunque,
dicevo: me lo chiedo perché la sua poesia sfata tutti i falsi miti
sulla poesia contemporanea, che sarebbe oscura, autoreferenziale,
incomprensibile, persa in uno sterile sperimentalismo e così via. La
poesia di Walter, invece, è pura.
Non nel senso che davano alla parola gli ermetici, o i simbolisti, ma
nel senso che la parola si annulla pienamente nel suo oggetto, senza
lasciare scorie. Non che il lavoro poetico sia assente – anzi, una
tale semplicità è la più ardua delle conquiste – ma esso si
nasconde sotto una superficie ingannevolmente levigata.
Ingannevolmente,
perché le punte e gli spigoli, a sarperli vedere, ci sono.
Inutile
stare ad elencare i suoi modelli, Sandro Penna in primis.
Bastino poche notizie: Walter, nato a Novi Ligure nel 1947, vive da
decenni a Perugia, e per piccoli editori perugini sono uscite tutte
le sue raccolte. Questa è un'antologia della sua
produzione dal 1978 al 1995.
Non
posso dire altro se non: leggetela; tanto più che costa pure poco; e
giudicate da soli.
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