lunedì 23 novembre 2015

il lavoro dello stile (appunti sparsi)

Differenze: scrivere, pubblicare.
Io scrivo molto. Perlopiù poesie. Ne scrivo quasi ogni giorno, sulla scorta di occasioni, fatti, incontri, letture. In genere, subito dopo averle scritte, le metto qui o sull'altro mio blog, e spesso anche su Facebook.
Questo è scrivere.
Poi, ogni tanto, pubblico.
Finora ho pubblicato due libri di poesie (un terzo è in arrivo) più un paio di plaquette e altra roba sparsa in antologie.
Quando pubblico, in genere scarto buona parte di ciò che ho scritto: o perché mi accorgo che quelle cose, rilette a distanza di tempo, non reggono; o perché non si distaccano dall'occasione che le ha generate, insomma non vivono di vita autonoma; oppure perché non sono coerenti con altri testi, non vanno a comporre un'opera che abbia un suo senso e una sua unità.
Fra i tre libri, le due plaquette e le antologie, credo - così a occhio - di aver pubblicato forse un 120-150 poesie; cifra approssimata più per eccesso che per difetto.
Non ho idea di quante ne ho scritte, ma considerando che scrivo da quando avevo tredici o quattordici anni (e ora ne ho quaranta), direi che siamo nell'ordine delle migliaia.

* * *
A chi suona, anche solo a livello indegnamente dilettantistico come faccio io, capita studiando di imbattersi in piccoli dettagli, finezze che il compositore ha seminato nel brano: un'armonizzazione, un movimento del basso, una simmetria strutturale.
Sono particolari che in genere sfuggono all'ascolto e che si possono apprezzare solo con uno studio attento della partitura.
Allo stesso tempo, non è bene affezionarcisi, perché quando poi si va ad eseguire il pezzo, la concentrazione eccessiva su quei dettagli potrebbe risultare dannosa all'effetto generale.
Sono, e debbono restare, piccole gioie private.
(Lo stesso, forse, capita a chi dipinge nell'osservare un quadro, o a chi scrive nel leggere un libro, o a chi fa cinema nel guardare un film.)

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Il pericolo di abbandonarsi allo stile. Quando la mano corre docile, proprio allora bisogna fermarla, cercare l'inceppamento.
Una poesia è buona se non sembra scritta da me.

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Lo stile è un mezzo, non un fine. Lavoro, non narcisismo.

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La poesia esige lentezza. Questa società chiede sempre più velocità.
La poesia è nemica di questa società.
La poesia è indispensabile.

2 commenti:

amanda ha detto...

Vero, la poesia è indispensabile.
Vorrei capire meglio però le tue riflessioni sullo stile, perché "una poesia è buona se non sembra scritta da me"?

sergio pasquandrea ha detto...

perché lo stile può diventare una trappola.