mercoledì 21 gennaio 2015

colloqui

Sai se mi chiedessi quali sono
i ricordi che conservo con maggior cura
non ti risponderei i grandi momenti
i climax della narrazione
quelli sono consegnati allo strato
più superficiale della memoria
nitidi e scivolosi come un calco
in vetroresina. Ci sono piuttosto
attimi senza alcuna importanza
che riemergono a volte con un'intensità
lancinante – immagina una scheggia sottopelle
che arrivi all'improvviso a sfiorare un nervo.
Di tutta Amsterdam ad esempio ricordo
gli occhi di una donna intravisti per un solo istante
al di là di una vetrina – serissimi
nonostante lei fosse praticamente nuda
e di tutta New York conservo l'odore
di certe bancarelle agli angoli di Broadway
il fumo grasso del soul food mescolato
all'asfalto caldo e a un retrogusto
che non ho mai più ritrovato altrove
e Roma per me è l'angolo sporco dietro
la Stazione Termini dove un arco in travertino
confina con la saracinesca di un meccanico.
Per questo è strano che di te invece
io ricordi tutto – ogni gesto ogni parola
ogni passo in direzione opposta o parallela
con una precisione spietata.
Del resto te l'ho già detto: ogni colloquio
è la battuta ulteriore di un dialogo mai
interrotto – e ogni volta che supero
un nuovo spigolo nei tuoi pensieri
mi accorgo che la scoperta non è altro
che riconoscimento. Ed è strano
soprattutto perché è così poco il tempo
che ho potuto passarti accanto
eppure è così vasto il ricordo
da occupare fino ai margini del campo visivo
così come i tuoi occhi invadono la scena
quando ci guardo dentro.
(E ora dovrei concludere con dei saluti
presumo – o con un qualche finale
d'effetto. Non ci riesco. Non posso
davvero concepire alcun punto fermo).

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