“Come tutto si fa strano e difficile,
come tutto è impossibile, tu dici”.
Oppure lo dico io – ma fa lo stesso.
Stasera leggo Montale
come un oracolo (“t'ignoravo
e non dovevo” – “la speranza
di pure rivederti m'abbandonava”).
È già tanto se arrivano dal piano
di sopra le voci del sonno – figurarsi
se pretendo risposte.
Rivelazioni – casomai.
Che sia ben altro l'amore
lo sapevo già da me.
So pure che un verso cancellato
vale sempre più di uno scritto.
Soltanto mi chiedo: quante di preciso
quante vite occorrono per farne una?
Basterà la minutaglia
o serviranno gli attimi essenziali?
Perché di quelli ho tenuto
una contabilità piuttosto accurata.
Però nulla naviga i flutti
sovrasta il tempo cieco
piuttosto è l'obiettivo che deforma
le proporzioni del viso.
Sarebbe ora di costringersi
al gesto più semplice
cercare l'ultimo verso:
l'ultimo – non è necessario
nemmeno pronunciarlo. Anzi.
mercoledì 13 agosto 2014
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3 commenti:
davvero un verso cancellato vale più di uno scritto?
cancellare è sempre un'opera igienica e altamente morale.
e il silenzio vale sempre più del rumore.
cancellare quel "fatto" che crediamo noi stessi e riscrivere imperturbabili i versi e i versanti da cui muoverci da cui trovarci.
ferni
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