giovedì 31 luglio 2014

diario toscano - quinto giorno

Mercoledì 30 luglio – quinto giorno

La pioggia ha continuato a venir giù, a secchiate, per buona parte della notte.
La mattina alle sei e mezzo, quando metto il naso fuori dal bungalow, tavoli e sedie sotto il gazebo sono fradici, il piazzale è cospaso di un misto di sabbia, aghi e corteccia di pino triturata, le strade del campeggio sono costellate dalle pozzanghere. Scopro che non mi serve solo la felpa, ma anche un giubbotto, perché l'aria punge.
Per fortuna, il cielo sembra limpido e le poche nuvole sono di un color rosa tenero e rassicurante. Le cime dei pini sono lambite da una luce dorata e i gridi rauchi delle ghiandaie si inseguono di ramo in ramo, sopra il basso continuo delle tortore. Soltanto verso il mare c'è un grosso fronte nuvoloso nerastro, che però non vedo chiaramente, semicoperto com'è dalla pineta.

Le misteriose vie del firewall. Mi blocca il sito della Repubblica, ma non quelli del Corriere, de La Stampa, l'Unità, il Manifesto, il Giornale ecc. Considera “pericoloso” anche il blog di un mio amico, che si chiama “Guardare e leggere” e si occupa perlopiù di semiotica.

Okay, come non detto. Ore 7:11, ricomincia a piovere.

I traffici degli uccelli.
Un minuscolo passero si posa, sotto la pioggia, sul filo dei panni. Getta piccoli zirli acuti e spaziati.
Una ghiandaia atterra a un metro da me, si guarda attorno con i grandi occhi rotondi, poi raccoglie una briciola di pane e va a mangiarsela su un ramo basso, poco più in là. Ne arriva subito una seconda, ma la prima si rizza, gonfia il petto, innalza una cresta di penne sulla cima del capo e la scaccia con un grido e un paio di beccate energiche e precise. La vincitrice rimane lì per un minuto, poi vola via, mentre la sconfitta resta a lungo per terra, con aria afflitta.

Lorenzo, spaparanzato sul letto in attesa della colazione:
“Ah, com'è bella la libertà!”

Piove piove piove. “Gesù, e comme chiove...”
Piove a scroscio, a catinelle, a secchiate. A sgrullate, come dicono a Perugia.
Piove come Dio (o chi per lui) la manda.
“Piove / in assenza di Ermione / se Dio vuole”.
Piove e una gazza risale le biforcazioni di un pino fino a perdersi nella chioma.

“Mamma, ciò una fame da bàlbalo!”

Ore undici e trentacinque.
La pioggia non smette, né sembra averne la minima intenzione. Aumenta, anzi.
I bambini giocano sul lettone, come su un enorme transatlantico assediato dagli squali.
(Lo squalo è, ovviamente, il papà).

- Per entrare, dovete dire la parola d'ordine!
- E qual è?
- “Per favore, posso entrare?”

Il wireless del campeggio oggi è lentissimo, nonostante il segnale si prenda chiaramente. La banda sarà occupata da orde di turisti tappati in casa dal maltempo.

Osservando la faccia di Daniela mentre, per la centesima volta, provo maldestramente a suonare il riff di “Tutta n'ata storia”, improvvisamente provo compassione per i nostri poveri vicini di bungalow.

“Con un tempo così, l'unica è mangiare”.
(Saggezza femminile.)

Verso le cinque e mezza, dopo dieci ore ininterrotte d'iradiddio, la furia degli elementi si placa, il cielo si apre, il sole spunta a far la conta dei danni. I campeggiatori rimettono la testa fuori da tende, camper e bungalow, come chiocciole dal guscio.
Ne approfittiamo per una passeggiata prima di cena.

2 commenti:

amanda ha detto...

a casa mia dicono "piove che dio, o chi per esso, l'amanda
ma per quante ore hai provato la stessa canzone?

sergio pasquandrea ha detto...

"centesima" era un'iperbole.
comunque, viste le mie capacità chitarristiche, penso che già la seconda fosse di troppo.