Vale più un minuto del tuo corpo
che tutta la somma delle mie ragioni.
Friedrich Nietzsche
Pensavo fossero lunghe le mie. Le gambe, dico.
E adesso, in quel gran tepore romano che assopisce la volontà e illanguidisce i pensieri, in quel sole che doveva sembrare tanto più straniero a te, appena discesa dalle alte pressioni atlantiche, insomma in quelle otto e quaranta dell'otto novembre duemilatredici, faticavo ad accordare l'andatura sul metronomo delle tue gambe.
Come al solito, non avevo messo in conto se non i fattori più palesi. Altezza, lunghezza. Ma il calcolo falliva sull'essenziale: sull'imponderabile. E invece era lì la cesura: fra il taglio imperioso che le tue ginocchia imponevano al mattino, e il mio svagare negli attimi vischiosi.
Tu eri già tutta nel tempo che ti appartiene: il futuro. Io avrei potuto prolungare la sosta, non sai quanto a lungo, con gli occhi appesi alle cimase, a misurare gli angoli di incidenza.
Dovevo dirtelo, prima o poi: non è pazienza, la mia, solo peso. E tua, invece, è la vita.
Dalla mia parte avevo: l'intuizione del vuoto, la sicurezza nell'isolare il paradosso, l'ago e il curaro. Tu, dalla tua: la febbre, la guerra, la fibra inscalfibile della bellezza.
Ora sarebbe il momento di giustificare il totale, ma mi accorgo che resta arduo decidere. Ne sono felice, credimi.
Ricordi che mi hai abbracciato? Io sì, ricordo tutto. Tengo io la somma, sta' tranquilla. Tu vai, che è tardi, è il tuo volo, non il mio, che si stacca da terra.
4 commenti:
è una vertigine mio caro Pasquandrea
"I'm at a place called Vertigo
It's everything I wish I didn't know
Except you give me something I can feel..."
Sergio, mi hai fatto commuovere
beh, mi fa piacere. ;-)
(devo dirlo alla persona per cui l'ho scritta, farà sicuramente piacere anche a lei).
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