Michel Tournier, Il re degli ontani, Garzanti 1996 (462 pp.)
Michel Tournier, un altro dei miei amori a scoppio ritardato.
Ne sentii parlare, credo, per la prima volta mentre preparavo la tesi di laurea, quindi nel 1998 o giù di lì, leggendo un pezzo di Italo Calvino su Vendredi ou les limbes du Pacifique. Sulle mie amate bancarelle dell'usato, mi procurai Venerdì, Il re degli ontani e Gilles e Jeanne. Tutti e tre, come al solito, rimasti a lungo a languire sugli scaffali.
Venerdì è ancora là. Gilles e Jeanne l'ho letto qualche anno fa, l'ho trovato geniale e lo consiglio vivamente (per la cronaca, ricostruisce i rapporti – reali – intercorsi tra il famigerato Gilles de Rais e Giovanna d'Arco). Il re degli ontani l'ho ripescato da poco, perché – per ragioni che qui non è il caso di spiegare – mi è venuta voglia di leggere alcuni testi sull'Olocausto e sulla Germania nazista.
Venendo al romanzo: il protagonista, Abel Tiffauges, è, secondo le sue stesse parole, un orco. È immenso, fortissimo, ama la vita nei suoi aspetti più elementari, la carne cruda, i bambini, gli animali, fino agli elementi più derelitti: il sangue, la merda. Tiffauges è, a suo modo, un puro; ma per la società è un disadattato, un pervertito, forse persino un pedofilo*.
Inoltre, Tiffauges è convinto che la realtà sia un conglomerato di simboli, che sta a lui interpretare per decifrarvi un destino cosmico al quale, ne è convinto, egli è strettamente legato.
Lo seguiamo bambino in un tetro collegio di gesuiti, poi adulto nella Francia dei tardi anni Trenta, quindi soldato (geniere colombofilo) nella Seconda Guerra Mondiale, e infine prigioniero di guerra nel nord-est della Germania, sulle rive iperboree del Mare del Nord, in quella che una volta era la Prussia e oggi è spartita tra Russia e Polonia.
Lì, in quel mondo di orchi in cui sguazza a suo agio, Tiffauges avrà modo di assistere, da una posizione privilegiata, alla decadenza e alla sanguinosa disfatta del Reich nazista, fino a veder compiersi il suo destino grazie all'incontro con Ephraim, un bimbo ebreo scampato all'Olocausto.
Tournier ha affermato di aver voluto “attener[s]i a un realismo che raggiunge il fantastico […] attraverso un parossismo di precisione e di razionalismo, per iperrealismo, per iperrazionalismo”.
La definizione è perfetta: Il re degli ontani è un romanzo potente, realistico e mitologico, denso di simboli, di minuziosi parallelismi, affondato nell'universo lucidamente visionario di Tiffauges.
*) Per inciso, Tiffauges è il nome del castello dove Gilles de Rais consumò i suoi delitti. Il riferimento, com'è ovvio, non è affatto casuale. In effetti, tutto il romanzo è intessuto da una fitta trama di riferimenti letterari, spesso in forma di allusione criptica.
mercoledì 25 agosto 2010
recensioni in pillole 63 - il re degli ontani
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