sabato 6 marzo 2010

cottonfield blues

"Cominciai a rompermi le scatole delle cose di cui ci parlavano alla Juilliard. Per me, non c'era niente di interessante. Come ho già detto, la Julliard era una copertura per poter frequentare Dizzy e Bird, ma volevo anche vedere che cosa potevo imparare lì. Suonavo nell'orchestra sinfonica della scuola. Suonavamo più o meno due note ogni novanta battute, e quello era tutto. Volevo di più, ne avevo bisogno. In più, sapevo che nessuna orchestra sinfonica bianca avrebbe assunto uno stronzetto nero come me, per quanto bravo potessi essere e per quanta musica potessi conoscere.
Imparavo molto di più stando in giro, perciò dopo un po' cominciai a stancarmi della scuola. In più, erano così dannatamente filo-bianchi e razzisti. Cazzo, imparavo più in una session al Minton's di quanto avrei fatto in due anni alla Juilliard. Alla Juilliard, alla fine di tutto, avrei conosciuto solo un mucchio di stili bianchi; niente di nuovo. E i loro pregiudizi e tutta quella merda mi facevano impazzire e mi mettevano in imbarazzo.
Mi ricordo che un giorno ero a una lezione di storia della musica e l'insegnante era una donna bianca. Se ne stava in piedi davanti alla classe a dire che se i neri suonavano il blues era perché erano poveri e dovevano raccogliere il cotone. Perciò erano tristi ed era di lì che veniva il blues, dalla loro tristezza. La mia mano si alzò in un lampo, mi misi in piedi e dissi: "Io sono di East St. Louis e mio padre è ricco, è un dentista, e suono il blues. Mio padre non ha mai raccolto cotone e io stamattina non mi sono alzato triste e non ho cominciato a suonare il blues. C'è molto di più". Beh, la troia diventò verde e non disse più nient'altro. Dannazione, stava insegnando cose lette su un libro scritto da qualcuno che non sapeva di che cazzo stava parlando. Questa è la merda che mi toccava alla Juilliard e dopo un po' me ne stancai.
Per come la vedevo io, gente come Fletcher Henderson e Duke Ellington erano i veri geni americani dell'arrangiamento. Quella donna nemmeno sapeva chi erano, e io non avevo certo il tempo di insegnarglielo. E lei avrebbe dovuto insegnare a me! Perciò, invece di ascoltare quel che lei e gli altri insegnanti dicevano, guardavo l'orologio e pensavo a cosa avrei fatto quella notte, chiedendomi se Bird e Diz sarebbero venuti giù a downtown."

Miles Davis with Quincy Troupe, Miles. The autobiography, pag. 49 (traduzione mia)

2 commenti:

lillo ha detto...

grande e cool. bella proprio la tua traduzione, esprime alla perfezione il senso di urgenza e di rabbia di un ragazzo che vuole fare arte nonostante il sistema.

Anonimo ha detto...

grazie per questo post, Sergej. mi ci ritrovo, come tante altre volte.

un famosissimo disegnatore stava per fare a botte con suo professore dell'accademia. da quando l'ha raccontato io non mi sono più fermato. fino a ieri, per un'attimo. per vedere la folla che mi applaudiva per la vincita del primo premio in pittura