Nel senso che dire “mi piaceva Bill Evans” è troppo poco. Innanzi tutto, la scoperta della sua musica, per me, ha in pratica coinciso con la scoperta del jazz; in secondo luogo, l’ascolto della sua musica è stato un’esplorazione di territori psichici che non ero del tutto cosciente di possedere.
Le ragioni sono facili da intuire: fra tutti i jazzisti della sua epoca Bill Evans fu, senza alcun dubbio, quello con le più profonde e complesse radici nella musica classica europea, e uno dei pochi che riuscì a fondere quelle radici con il jazz in modo talmente perfetto da non lasciar percepire nemmeno la più sottile linea di cesura. Per me, che cominciavo ad addentrarmi nel jazz, ma che fino ad allora mi ero nutrito a dosi massicce di Bach, Chopin, Debussy e Ravel, la sensazione di aver trovato un fratello gemello era insopprimibile.
(...continua su La poesia e lo spirito)
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