sabato 28 marzo 2009

recensioni in pillole 11: "Le terre del Sacramento"


Francesco Jovine, Le terre del Sacramento, Einaudi 1979 (prima ed. 1950)

È l'ultima opera di Francesco Jovine, che morì nel 1950 a soli quarantotto anni, pochi mesi prima dell'uscita del libro.
Si svolge nel Molise dei primi anni Venti, nei due paesi immaginari di Calena e Morutri. Un mondo arcaico, immobile, con i “signori” da una parte, i “cafoni” dall'altra, e in mezzo una casta di piccoli legulei, impiegati, ufficiali giudiziari, curati, studentelli universitari, che rosicchiano le briciole cadute dalla tavola dei ricchi.
Di quest'ultima classe fa parte il protagonista, Luca Marano, figlio di contadini che ha potuto studiare in seminario, ora spera di laurearsi in legge e intanto aiuta lo zio a notificare sfratti e un vecchio notaio a ricopiare atti e rogiti. All'inizio del romanzo è un giovanottone confuso, insicuro di sé, ingolfato in vestiti sempre troppo rattoppati.
Al centro della trama c'è il feudo delle Terre del Sacramento, terreni incolti da secoli perché invischiati in una ragnatela di ipoteche, processi, beghe legali, e un più considerati maledetti dai contadini. Appartengono a don Enrico Cannavale, ultimo rampollo cinquantenne di una famiglia decaduta, pigro e apatico, di vaghe e velleitarie idee socialiste. Enrico sposa Laura, una ragazza giovane e ambiziosa che si ficca in testa di rimettere a frutto le Terre del Sacramento, di riassestare il patrimonio del marito. Chiede a Luca Marano di aiutarla, di fare da mediatore con i contadini, i quali accettano di dissodare le “terre maledette”, spinti dal sogno di poter avere finalmente un pezzo di terra tutto loro. Luca si appassiona alla loro causa, diventa il loro eroe, il loro difensore.
Sullo sfondo, sempre più minacciosa, scorre la Storia: i primi Fasci di Combattimento, la violenza squadrista, le camicie nere che pestano gli operai e gli studenti, la Marcia su Roma.
Quando si scopre che le terre dissodate non andranno ai contadini, che era tutta l'ennesima truffa, Luca deve decidere da che parte stare: da quella dei ricchi (e dei fascisti) o da quella dei suoi compagni di sventura.
Sceglierà di restare accanto ai contadini, fino all'estremo sacrificio.
Un'opera che discende, più che dal Neorealismo, dalla grande letteratura meridionalistica: Verga, De Roberto, Silone, Alvaro, Tomasi da Lampedusa, ma con un respiro da epica popolare che spesso manca nei modelli.
Realismo, linguaggio duro e corposo, narrazione sapiente e secca, tagliata in scorci potenti. In questo periodo mi ci voleva proprio, un libro così.

4 commenti:

trasformista straniero ha detto...

mi viene da ringraziarti, non leggerò quel mattone romanzo storico ma la pillola me la sono gustata come una caramella

lillo ha detto...

ma non è un mattone... davvero!

sergio pasquandrea ha detto...

Infatti non è affatto un mattone, anzi è un libretto abbastanza agile (poco più di 200 pagine) che si legge benissimo.
Io l'ho finito in 4-5 giorni.

-mIRKo- ha detto...

..che gran bel libro, sottovalutato per troppo tempo dalla grande narrativa nazionale!