Gianfranco Manfredi, “Ho freddo”, Gargoyle, 2008Un cadavere dissepolto e squartato, i cui organi semiputrefatti vengono estratti e bruciati. È bella forte, la scena che apre “Ho freddo”, il romanzo nel quale Gianfranco Manfredi ha riletto il mito dei vampiri.
Ma andiamo per ordine.
Nell'ultimo scorcio del Settecento, la vita di Cumberland, pacifica comunità del New England, è movimentata dall'arrivo di due aristocratici francesi, Valcour e Aline de Valmont, fratelli gemelli, colti e raffinati, entrambi dediti alla scienza (lui medico, lei biologa).
Ai due si aggiunge il pastore battista Jan Voos, venuto a guidare la comunità di fedeli locali. Giovane, impetuoso, dal fisico colossale e dalla forza erculea, Jan non tarderà a stringere una complicata amicizia con Valcour e un'ancor più complicata attrazione amorosa con Aline.
Ma la quiete del New England è scossa da una serie di morti misteriose: ragazze che si spengono, consumate da febbri incurabili, e che sembrano risorgere dalla tomba per reclamare le vite dei propri parenti. La paura si diffonde nel villaggio, emergono antiche superstizioni (le streghe di Salem, cupe leggende indiane) che spingono a sanguinarie profanazioni di cadaveri.
Qual è il legame tra la “consuzione” che uccide le giovani e la “peste vampirica”? Perché Valcour e Aline sembrano prenderla tanto a cuore? Quale oscuro passato cela l'inquieto reverendo Voos?
Potrebbe sembrare un horror qualsiasi, con l'unica originalità dell'ambientazione americana. Ma non è così, perché Manfredi costruisce “Ho freddo” come un'opera a più livelli: romanzo nero, con tutto il corollario di morbosità, ma anche saggio storico minuziosamente documentato, ma anche riflessione sull'epoca dei Lumi al tramonto e opera metaletteraria (aleggiano i fantasmi di Poe, Lovercraft, Hawthorne e della letteratura libertina settecentesca).
Il finale è tra i più spiazzanti che mi sia capitato di leggere: più che aperto, sospeso sull'abisso. Manfredi lascia monchi molti dei fili narrativi: la vera natura dei vampiri, il legame con l'oscura vicenda della famiglia Hermann e con le misteriose apparizioni dell'isola di Block, gli eventi (follia o maleficio soprannaturale?) che hanno portato alla morte i genitori di Aline e Valcour.
In fondo, il vero filo conduttore del romanzo si rivela essere la paura, l'odio, l'oscurità che alberga in fondo al cuore umano e che né la Ragione illuministica di Valcour e Aline, né la fede religiosa di Jan riescono a dissipare.
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