Quando i poeti leggono
non sorridono mai
abbassano gli occhi piuttosto
oppure li fissano in un punto
soltanto a loro visibile
quando leggono la voce
si fa bassa
ma non è la loro voce
non è la voce per bere
la voce per insultare
è una voce per la poesia
una cantilena fioca
quando i poeti leggono
non sembrano contenti
hanno paura di lasciare
libero il fiato
di muovere le braccia
non vedi nessuno ridere
e se qualcuno lo fa si vergogna.
martedì 28 febbraio 2017
lunedì 27 febbraio 2017
save it for a rainy day
...così dicono gli inglesi – e infatti oggi piove
sulla stazione di Portogruaro
sulle voci dei ragazzi che vanno a scuola
– diverse nell'accento ma identiche
in qualunque luogo e tempo –
sulla vernice scrostata sulla chiave
spezzata nella toppa
piove sull'orizzonte cancellato
dai capannoni in disuso
(e io cosa potrei salvare
in questo sabato di rogge e sobbalzi –
fra le piante bruciate qualcosa si muove
un cane abbaia al vuoto
l'acqua verde si increspa
attorno all'erba sommersa).
sulla stazione di Portogruaro
sulle voci dei ragazzi che vanno a scuola
– diverse nell'accento ma identiche
in qualunque luogo e tempo –
sulla vernice scrostata sulla chiave
spezzata nella toppa
piove sull'orizzonte cancellato
dai capannoni in disuso
(e io cosa potrei salvare
in questo sabato di rogge e sobbalzi –
fra le piante bruciate qualcosa si muove
un cane abbaia al vuoto
l'acqua verde si increspa
attorno all'erba sommersa).
Portogruaro-Teglio Veneto, 3 dicembre 2016
sabato 25 febbraio 2017
colloqui - 8
Tutto potrebbe andare bene – mi dico
bisognerebbe solo smuovere tutte le forme
fino a sentire il contatto
le labbra sullo sterno.
Continuo a fissare lo stesso fotogramma
perché tutto scorra senza sforzo
scrivere a occhi chiusi
per non violare il vagito.
Però ti ho vista anche se non lo sai
tendere il collo all'indietro
abbandonare la voce
mentre il sangue ti saliva alle guance.
bisognerebbe solo smuovere tutte le forme
fino a sentire il contatto
le labbra sullo sterno.
Continuo a fissare lo stesso fotogramma
perché tutto scorra senza sforzo
scrivere a occhi chiusi
per non violare il vagito.
Però ti ho vista anche se non lo sai
tendere il collo all'indietro
abbandonare la voce
mentre il sangue ti saliva alle guance.
venerdì 24 febbraio 2017
la dura carne
Niente sarà come quell'amore fatto di pomeriggio
nessun crepuscolo così poco
spaventoso come quello atteso tra le lenzuola
l'odore della polvere spento nelle ascelle.
Ad aprire gli occhi apparivano ancora le arance
il calore sigillato alla schiena
a guardare in alto c'erano gli occhi chiusi
la dura carne adolescente.
nessun crepuscolo così poco
spaventoso come quello atteso tra le lenzuola
l'odore della polvere spento nelle ascelle.
Ad aprire gli occhi apparivano ancora le arance
il calore sigillato alla schiena
a guardare in alto c'erano gli occhi chiusi
la dura carne adolescente.
martedì 21 febbraio 2017
voci di donne dall'India
Femminilità
Ho pensato a lungo a quella ragazza
che raccoglieva sterco di vacca in un’ampia cesta rotonda
lungo la strada principale che passava da casa nostra
e dal tempio Radhavallabh a Maninagar.
Ho pensato a lungo al modo in cui lei
muoveva le mani e i fianchi
e all’odore di sterco e di polvere di strada e di gigli di canna umidi,
l’odore di fiato di scimmia e di abiti appena lavati
e la polvere dalle ali dei corvi che ha un odore diverso
ed ancora l’odore di sterco mentre la ragazza lo raccoglie
tutti questi odori che mi circondavano separatamente
e simultaneamente. L’ho pensata a lungo,
ma non volevo usarla per una metafora,
per una bella immagine, ma soprattutto non volevo
dimenticarla o spiegare a chiunque la grandezza
e la forza che rilucevano dai suoi zigomi
ogni volta che trovava un mucchio di sterco
particolarmente promettente.
* * *
A una poesia non ancora nata
Davanti a un tè ci domandiamo perché scriviamo poesie.
Dieci persone le leggono, in ogni caso.
A tre non piacciono
per partito preso.
Tre provano un vago struggimento
ma devono pensare ai rubinetti che perdono
e al traffico cittadino.
A due piacciono
e non avrebbero problemi a dirtelo,
ma non sanno come.
Un’altra è tutta presa a preparare domande
sulle facili ironie
e sulla politica dell’identità.
La decima si chiede
se porti le lenti a contatto.
E noi
corrotti come chiunque altro
da un mondo assuefatto
ai carboidrati
e alle parole,
brancoliamo ancora
fra tramonti, metrica e
schegge di speranza
per un istante
liberi
dal terribile contagio
dell’abitudine.
(Qui e qui i testi originali in inglese)
Ho pensato a lungo a quella ragazza
che raccoglieva sterco di vacca in un’ampia cesta rotonda
lungo la strada principale che passava da casa nostra
e dal tempio Radhavallabh a Maninagar.
Ho pensato a lungo al modo in cui lei
muoveva le mani e i fianchi
e all’odore di sterco e di polvere di strada e di gigli di canna umidi,
l’odore di fiato di scimmia e di abiti appena lavati
e la polvere dalle ali dei corvi che ha un odore diverso
ed ancora l’odore di sterco mentre la ragazza lo raccoglie
tutti questi odori che mi circondavano separatamente
e simultaneamente. L’ho pensata a lungo,
ma non volevo usarla per una metafora,
per una bella immagine, ma soprattutto non volevo
dimenticarla o spiegare a chiunque la grandezza
e la forza che rilucevano dai suoi zigomi
ogni volta che trovava un mucchio di sterco
particolarmente promettente.
Sujata Bhatt
* * *
A una poesia non ancora nata
Davanti a un tè ci domandiamo perché scriviamo poesie.
Dieci persone le leggono, in ogni caso.
A tre non piacciono
per partito preso.
Tre provano un vago struggimento
ma devono pensare ai rubinetti che perdono
e al traffico cittadino.
A due piacciono
e non avrebbero problemi a dirtelo,
ma non sanno come.
Un’altra è tutta presa a preparare domande
sulle facili ironie
e sulla politica dell’identità.
La decima si chiede
se porti le lenti a contatto.
E noi
corrotti come chiunque altro
da un mondo assuefatto
ai carboidrati
e alle parole,
brancoliamo ancora
fra tramonti, metrica e
schegge di speranza
per un istante
liberi
dal terribile contagio
dell’abitudine.
Arundhathi Subramaniam
(Qui e qui i testi originali in inglese)
Da: L’India dell’anima – Antologia di poesia femminile indiana
contemporanea in lingua inglese (Le Lettere, 2006)
traduzioni di Andrea Sirotti
lunedì 20 febbraio 2017
mi si traduce (mi si)
Una mia poesia, tratta da Oltre il margine (Fara, 2015), tradotta in spagnolo da Antonio Nazzaro per "Laboratori Poesia".
La trovate qui.
La trovate qui.
domenica 19 febbraio 2017
tre poesie di Paolo Castronuovo
l'amore passa sempre dalle scale
bagna la riva della tua porta
scappa dopo aver suonato
i capelli un vestito corto e le infradito
s'affacciano alla tromba
il suono ruzzolante della mia corsa è già via
nel mio appartamento sbatto il portone
il portiere alza lo sguardo e tu pronta
a imbucare la veste fiorata tra le cosce
fin quando non si rintani nel gabbiotto
l'amore viaggia sempre su più piani
ma lo travesto da scherzo
purché tu muova due passi verso me
* * *
hai fatto la ceretta oggi
l'ho notato dalle gocce
che correvano libere
senza inciampare ai pori irti
dove il pelo comincia
il giorno dopo a fare capolino
lungo le strade avvallate all'inguine
la mia barba di ha affannato
stupita al buio vaporizzato di un abatjour
a mo' di fuoco artificiale
sei esplosa dalle gambe fino al seno
* * *
il ciliegio perde scaglie di smalto
con l'arrivo dell'autunno
il mio fiato caldo balbetta
aumenta di frequenza ai morsi
il tuo respiro
mi guarda dalla torre delle voglie
costellazioni di nèi mi cadono addosso
esaudiscono i desideri nelle scie dei sussurri
che ci amalgamano nella fine.
bagna la riva della tua porta
scappa dopo aver suonato
i capelli un vestito corto e le infradito
s'affacciano alla tromba
il suono ruzzolante della mia corsa è già via
nel mio appartamento sbatto il portone
il portiere alza lo sguardo e tu pronta
a imbucare la veste fiorata tra le cosce
fin quando non si rintani nel gabbiotto
l'amore viaggia sempre su più piani
ma lo travesto da scherzo
purché tu muova due passi verso me
* * *
hai fatto la ceretta oggi
l'ho notato dalle gocce
che correvano libere
senza inciampare ai pori irti
dove il pelo comincia
il giorno dopo a fare capolino
lungo le strade avvallate all'inguine
la mia barba di ha affannato
stupita al buio vaporizzato di un abatjour
a mo' di fuoco artificiale
sei esplosa dalle gambe fino al seno
* * *
il ciliegio perde scaglie di smalto
con l'arrivo dell'autunno
il mio fiato caldo balbetta
aumenta di frequenza ai morsi
il tuo respiro
mi guarda dalla torre delle voglie
costellazioni di nèi mi cadono addosso
esaudiscono i desideri nelle scie dei sussurri
che ci amalgamano nella fine.
(da “Labiali”, Pietre Vive 2016)
giovedì 16 febbraio 2017
alive and well
Dunque, un po' di numeri.
Fra il 2014 e il 2017, ho scritto qualcosa come trecento poesie circa: una media di una ogni tre o quattro giorni.
Ho pubblicato tre libri di poesia, un libro di racconti e un saggio, senza contare svariati testi in antologie, alcuni articoli di linguistica, un mare di roba uscita su blog vari e le cose che scrivo per Jazzit (se vi interessa, trovate la lista completa qui).
Ho altri due libri di poesia praticamente già pronti (uno già con l'editore trovato, l'altro forse) e altri due allo stato di abbozzo; avrei in mente altri due saggi di tema musicale: per uno ho già l'editore, per l'altro sono in trattative.
Ecco, io mi fermerei un attimo. Anzi, per quanto riguarda la poesia mi sono già fermato: nell'ultimo paio di mesi non ho scritto quasi nulla, se non quattro o cinque abbozzi.
Non si tratta di blocco dello scrittore, perché in teoria volendo potrei anche scrivere. Idee me ne vengono, di continuo, però succede una cosa strana: mi arriva in mente un verso o due, me li rigiro per un po' e poi me li cestino. Non sono brutti, anzi direi che verrebbero fuori delle cose decenti, sono che mi pare non abbia molto senso scriverle, perché non sarebbero nient'altro che la ripetizione di cose già scritte tante altre volte.
Non so quanto durerà, ma per ora va bene così.
P.S.: Prossimamente, di tanto in tanto, se e quando mi va, continuerò a mettere qui cose scritte nel 2016 che non avevo ancora pubblicato. Rimanete sintonizzati.
martedì 14 febbraio 2017
noi che restiamo
Bella come un grido ti ritrovo
nel tintinnio delle colline
quando lottavi sul prato con i maschi
in una giovinezza di soli istanti
in un sussurro di finte e schivate
ti guardavano i rami del tiglio
e si tendono le braccia vittoriose
a tutti noi che restiamo.
nel tintinnio delle colline
quando lottavi sul prato con i maschi
in una giovinezza di soli istanti
in un sussurro di finte e schivate
ti guardavano i rami del tiglio
e si tendono le braccia vittoriose
a tutti noi che restiamo.
Milo De Angelis
(da "Incontri e agguati")
lunedì 13 febbraio 2017
happy days in Tripolitania
"Un formicolio di genti in fermento; uomini, donne, cammelli, greggi; con quella promiscuità tumultuante che si riscontra solo nelle masse sotto l'incubo di un cataclisma; una moltitudine che non aveva forma, come lo spavento e la disperazione di cui era preda; e su di essa piovve, con gettate di acciaio rovente, la punizione che meritava.
Quando le bombe furono esaurite, gli aeroplani scesero più bassi per provare le mitragliatrici. Funzionavano benissimo. Nessuno voleva essere il primo ad andarsene, perché ognuno aveva preso gusto a quel gioco nuovo e divertentissimo. E quando finalmente rientrammo a Sirte, il battesimo del fuoco fu festeggiato con parecchie bottiglie di spumante, mentre si preparavan gli apparecchi per un'altra spedizione."
(da "Ali italiane sul deserto", 1933, di Vincenzo Biani*)
[N.B.: Biani, aviatore ed eroe di guerra, sta descrivendo il massacro di una colonna di profughi libici: civili disarmati, attaccati dall'aviazione italiana senza preavviso e senza alcuna reale motivazione bellica; gli anni sono quelli in cui il neonato Regime aveva deciso di "pacificare la Libia", con le buone o con le cattive; meglio le cattive, evidentemente.]
* Citato in: Wu Ming 1 & Roberto Santachiara, Point Lenana, Einaudi 2013, pag. 254
sabato 11 febbraio 2017
robetta mia + appuntamento
Su Regina Mab, un mio pezzo in cui parlo di due argomenti che mi stanno molto a cuore: Andrea Pazienza e Robinson Jeffers.
Su Laboratori Poesia, alcuni testi dal mio Oltre il margine, con una nota di Fulvio Segato.
Infine, per chi si trovi da queste parti, il 21 febbraio a Perugia parlerà Milo De Angelis.
Io ci sarò, e ci porterò anche i ragazzi della mia scuola, perché bisogna pure che capiscano che i poeti non sono tutti morti.
Su Laboratori Poesia, alcuni testi dal mio Oltre il margine, con una nota di Fulvio Segato.
Infine, per chi si trovi da queste parti, il 21 febbraio a Perugia parlerà Milo De Angelis.
Io ci sarò, e ci porterò anche i ragazzi della mia scuola, perché bisogna pure che capiscano che i poeti non sono tutti morti.
martedì 7 febbraio 2017
humour latino
Bononiensis Rufa Rufulum fellat,
uxor Meneni, saepe quam in sepulcretis
vidistis ipso rapere de rogo cenam,
cum devolutum ex igne prosequens panem
ab semiraso tunderetur ustore.
La bolognese Rufa fa i pompini a Rufolo,
la moglie di Menenio, quella che sovente
al cimitero hai visto rubare la cena sui roghi,
mentre inseguendo un pane rotolato dal fuoco
se la sbatteva il crematore semirasato.
Nota
uxor Meneni, saepe quam in sepulcretis
vidistis ipso rapere de rogo cenam,
cum devolutum ex igne prosequens panem
ab semiraso tunderetur ustore.
La bolognese Rufa fa i pompini a Rufolo,
la moglie di Menenio, quella che sovente
al cimitero hai visto rubare la cena sui roghi,
mentre inseguendo un pane rotolato dal fuoco
se la sbatteva il crematore semirasato.
(Catullo, Carmina, LIX)
Nota
Rufolo è un personaggio non meglio identificato, mentre il nome del marito di Rufa, Menenio, richiama a una delle più antiche gentes aristocratiche romane, rendendo più grottesca la degradazione della donna.
Nei versi finali, la menzione è alle offerte di cibo che si lasciavano sui roghi dei defunti; alle cremazioni in genere era addetto uno schiavo, che qui per di più ha la testa “semirasata” per punizione.
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