Prima di rimpicciolire
Ti lasciavo sola volentieri,
Dovevi espanderti e io non mi vedevo
Nei tuoi spazi.
Poi per davvero ebbi l'occasione
Di fare attenzione alle tue forme,
Al loro chiudersi, e i tuoi spazi
Presi a difendere, meno li occupavi
Più li presidiavo.
Finché non mi è restato
Che un batuffolo con voce da proteggere
In una ipotesi di spazio.
* * *
Dulcissima
Quando non ci saranno più le mie chiamate
Tra le sette e le otto
E se ritardo un labbro che leggermente trema.
Quando non sarai più una vecchia sola
E io al ritorno non dovrò più correre
Per te giù in farmacia
Prazene e Lexotan
Con la ricetta ripetibile
Il Karvezide con la ricetta nuova
E già che ci sei un Benagol
E la Borocillina.
Quando non dovrò più tenerti
Bassa la pressione
Quanto tempo che avrò
Per scrivere di te.
* * *
Mia padre santa donna
Per quante volte ha gridato
È pronto!
E poi con meno fiato
È in tavola!
Sapesse il dio chissà
Dello zafferano,
Sorpresa a scaracollare
Il cadavere di un agnellino sgozzato
Da un capo all'altro della cucina
Per farlo sgelare.
Acceso di aromi pazienti
Finché rosolato,
Il profumo di carni smembrate
Si espandeva da lei per la casa.
* * *
Mancava solo per compiacermi
Ti alzassi a fare la colazione
E poi tornassi a letto a finire di morire
La mattina del 27 di dicembre.
Respiro lungo da sonno imbronciato,
Gentilezze da figlio a casa per le feste
“Ti preparo il tè”, e la convinzione
Di avere udito un grugnito di assenso.
Invece il coma ti aveva già saldato
Il respiro ai sensi: “Il tè si fredda”
Mentre guardavo le mail...
“Brava! Sei stata brava!”,
Te lo dissi subito, tenendoti la mano
Appena smettesti con quel soffio leggero.
Tu che di lodi ne avevi ricevute
Sempre poche. “Beh, almeno i figli
Li ho fatti intelligenti!”, dicevi alle sue spalle
Dopo l'ennesima tirata sulla tua
Superficialità.
Magari incapaci di distinguere
Chi sogna da chi è in coma.
(da: Avrei fatto la fine di Turing, Donzelli, 2015)
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