Seminole (U.S.A., 1953, colore, 87 min.), di Butt Boetticher, con Rock Hudson, Anthony Quinn, Barbara Hale, Richard Carlson, Lee Marvin
Budd Boetticher (1916 - 2001) era famoso perché gli davi quattro soldi e una manciata di bravi attori e lui ti tirava fuori un bel western di cassetta. La sua collaborazione più fortunata fu quella con Randolph Scott, negli anni Cinquanta. Roba che all'epoca era considerata commerciale e che invece oggi è guardata come esempio della Hollywood degli anni d'oro.
Questo Seminole prende spunto da una delle prime e più cruente (ma quale non lo fu?) tra le "guerre indiane", quella che fra il 1835 e il 1842 vide protagonista l'omonima tribù, stanziata nelle impenetrabili paludi della Florida e capeggiata dal leggendario Osceola, un meticcio che guidò la strenua resistenza dei nativi contro l'esercito statunitense.
Il film, come d'uso all'epoca, romanza parecchio la storia (le circostanze della morte di Osceola, ad esempio, sono interamente finzionali), introducendo il personaggio del tenente Caldwell (Rock Hudson), un onesto sottufficiale che cerca la pace con gli indiani di Osceola (Anthony Qinn, in una delle sue tipiche parti da pellerossa), osteggiato però dal suo crudelissimo superiore, il maggiore Degan (Richard Carlson), guerrafondaio e odiatore degli indiani, convinto della necessità di sterminarli tutti, fino all'ultimo. Ovviamente c'è di mezzo anche la storiona d'amore che non può mai mancare. Senza indugiare troppo in sinossi, il cattivo ufficiale dopo una serie di schermaglie riuscirà a far mettere sotto processo il suo sottoposto con una falsa accusa di omicidio e alto tradimento. A plotone d'esecuzione già schierato, egli sarà salvato con il più classico dei colpi di scena che conducono all'immancabile lieto fine.
(Va detto però che il film mostra un encomiabile sforzo di fedeltà storica, ad esempio nella ricostruzione dei pittoreschi costumi Seminole e delle uniformi militari, che a quel tempo si ispiravano ancora a quelle dei "dragoni" europei, senza i cappelloni western a cui siamo abituati).
(Va detto però che il film mostra un encomiabile sforzo di fedeltà storica, ad esempio nella ricostruzione dei pittoreschi costumi Seminole e delle uniformi militari, che a quel tempo si ispiravano ancora a quelle dei "dragoni" europei, senza i cappelloni western a cui siamo abituati).
Ma, al di là della trama, la forza del film sono le interpretazioni: un granitico Rock Hudson, un bravissimo Anthony Quinn che rende il tormento di un Osceola tragicamente diviso fra la fedeltà al suo popolo e l'amicizia con i bianchi, e persino un giovane Lee Marvin in una parte da comprimario. E poi la bellona, una sontuosissima Barbara Hale.
Tutto qui? No, il meglio è che, in totale controtendenza con l'epoca, il film parteggia dichiaratemente per gli indiani, presentati come vittime innocenti del malvagio ufficiale (anche se il vero eroe è pur sempre il buon ufficiale bianco). E c'è anche un'esplicita intenzione antimilitarista: bellissime ad esempio le scene in cui i soldati, con le loro linde e impeccabili uniformi, si addentrano sempre di più nelle paludi, fino ad arrivare fradici, infangati ed esausti al villaggio indiano, dove per di più saranno crudelmente beffati e sconfitti.
Bel filmone, insomma.
Bel filmone, insomma.
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