L'IC 757, Roma-Siracusa, è come tutti i treni per il Sud. Vecchio.
Ha un odore ambiguo, con un distinto sentore di fumo vecchio, porte e corridoi consumati da troppe mani e troppi piedi. I poggiatesta sono color grigio topo, costellati di strappi e macchie.
I passeggeri sembrano contagiati dalla stessa trasandatezza. I loro vestiti rimandano a un'epoca passata, anche se non ben definita, fatta di golf di lana grossa, cappotti rivoltati, tristi minestrine Knorr.
La campagna tra Gaeta e Napoli. Non riesco a leggere il paesaggio, a dargli un senso unitario. Resta un accumulo di elementi dissonanti.
Tralicci. Alberi da frutta. Campi arati e campi verdi. Serre. Villette da speculazione edilizia. Capannoni. Scheletri di cemento armato con quattro piloni, un solaio e una scala che dà sul vuoto. Cimiteri. Paesini in cui ogni edificio fa a cazzotti con quello accanto. Fossi. Un furgone Wolkswagen arrugginito e coperto di rampicanti. Pini marittimi. Pioppi. Palme. Decorazioni natalizie. Case popolari in tinte pastello. Binari morti.
Un cielo accavallato di nuvole grigio-azzurre. Gli Appennini pallidi all'orizzonte.
Volti che sono carte di identità, certificati anagrafici.
Questo bel vecchio, pelle di cuoio, bocca quasi senza denti, avambracci grossi il doppio dei miei, gli occhi inaspettatamente chiari in mezzo ai lineamenti massicci, è siciliano. Lo so, ancor prima che apra bocca per rispondere a un enorme, paleolitico cellulare.
Litiga con il napoletano del carrello vivande, che vuole a tutti i costi vendergli una bottiglia d'acqua minerale insieme al caffè, e aggiungerci pure un cioccolatino (“in offerta, che il caffè è amaro”).
“Allora, quant'è?”
“Tre euro”.
“Tre euro un caffè?”
“Caffè e cioccolatino”.
“No! Ho detto solo caffè!”
"Ecco qua, servito."
"E lo zucchero?"
"C'è già."
"Me lo gira, che non ho il cucchiaino?"
"E' già girato."
"Buongiorno."
"A disposizione."
Il napoletano è salito a Gaeta. Ha sostituito lo staccato del suo predecessore (“Acqua! Caffè! Bibite!) con una nenia cantilenante, nella quale si fondono mollemente tutte le parole.
Non ha un carrello, ma una grossa bacinella con i manici, che si trascina in giro per il corridoio.
Il vecchio siciliano tira fuori un dosatore per l'insulina e se la inietta in un fianco.
Ha una scorta inesauribile di spuntini. Mandarini, piccole pagnotte, taralli. Mastica articolando la mascella e le labbra in ampi circoli da ruminante, che gli provocano sommovimenti a catena in tutte le rughe del viso e del collo.
Viaggiare da Nord a Sud significa anche lasciare l'inverno per trovare la primavera. O almeno, quella primavera lievemente inasprita che qui chiamano inverno.
2 commenti:
i treni, ma non i freccia rossa sono manuali di geografia umana :)
mi piace Mr Pelle di Cuoio
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